Chianti Classico per salutare il vecchio anno, Chianti Classico per aprire il nuovo: Vigna Barbischio Riserva 2019 di Maurizio Alongi, per chi comprensibilmente non riesce a distinguere le scritte sulle mie proverbiali meravigliose foto.
Ne abbiamo parlato diverse volte anche sulle pagine di Tipicamente (metterei link in bio se sapessi come si fa), per cui non mi ripeto: si conferma strabuono e oltretutto lo diventa sempre di più ad ogni riassaggio, così come in crescendo si profila il percorso dell’azienda, annata dopo annata. Non dimentichiamolo: Maurizio Alongi è protagonista di lungo corso del vino toscano, ma la 2019 è appena la quinta vendemmia del Barbischio.

Al di là della notevole riuscita, quello che colpisce e diverte è la sua capacità di farsi portavoce naturale della molteplicità caratteriale di Gaiole, villaggio-UGA facilmente “scomponibile” in almeno 6-7 unità più piccole ed omogenee. Un comune che, come sappiamo, può flirtare – semplificando al massimo – con le atmosfere dolcemente mediterranee di Castelnuovo Berardenga-Vagliagli e giocare a travestirsi dai Radda totemici con le versioni più nordiche e verticali.
In questo caso siamo sicuramente più vicini al secondo “idealtipo”, e però con una serie di inconfondibili asterischi. Gaiole “appenninico”, certo, ma con zero algidità e parecchie proiezioni quantomeno primaverili: per il frutto tanto dolce quanto fragrante, per l’armonia agrumata-salina, per la finezza di trama alcolica e tannica, per l’incisività del sapore. Non 500 aromi, bensì 4-5 perfettamente definiti e intrinsecamente chiantigiani, che sembrano darsi appuntamento proprio lì, nel punto esatto in cui si coglie la bacca né un secondo prima né un secondo dopo la finestra di maturità sognata, quasi utopica, eppur cristallizzata in un sorso danzante.