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Antonio Boco

Già, chi diavolo sono? Un gemelli sputato, che fatica a rincorrere i suoi stessi pensieri, arrivato maldestramente agli “anta”, distratto, innamorato del vino da tanto e incapace di resistere alla seppur minima tentazione.

Portatore sano della grave patologia del degustatore, ho cominciato il percorso nell’enomondo in maniera canonica (corsi AIS, Slow Food e compagnia), virando rapidamente verso una più produttiva formazione sul campo. Dopo la laurea decido di ricominciare dall’inizio e mi ritrovo tra filari carichi di uva matura con un paio di forbici in mano. 

Faccio carriera: finita la vendemmia mi arruolano in cantina e poi, non so come, ad appioppare bottiglie agli sfortunati avventori di un’enoteca. Per fatalità abbonata al Gambero Rosso, particolare che ha semplicemente stravolto la mia vita.

Da lì al 1° Master in Comunicazione e Giornalismo Enogastronomico (2002), organizzato proprio dal Gambero alla neonata Città del Gusto, il passo è brevissimo. Arriva un meraviglioso anno a Roma, un tuffo senza ritorno nel mondo del vino e del cibo ai massimi livelli, amicizie fantastiche, maestri con pochi rivali nel settore. Tutto comincia lì, insomma. Sono “nato” al Gambero Rosso. E da lì mi sono ritrovato a fare esperienze magiche, almeno per chi ama questo mondo: un pomeriggio nebbioso nello studio di Bartolo Mascarello, a chiacchierare di vino e di vita, l’incontro con Veronelli al Critical Wine, Franco Biondi Santi e l’inebriante apertura delle botti di Brunello, una merenda “pane e salame” con Gianni Mura. E poi un sacco di chef e ristoranti, chiacchiere e amici, sapori che non sospettavo esistessero. Insomma, la scoperta di un mondo.

Da allora cerco di visitare ogni zolla di terra in cui si fa vino e frequento ristoranti che non posso assolutamente permettermi. Doti  che, tra le altre cose, mi sono valse un paio di riconoscimenti da raccontare ai nipoti. Nel febbraio 2007, in occasione delle celebrazioni per il ventennale delle Città del Vino, ricevo un premio “per aver contribuito a trasformare il modo di comunicare l’agroalimentare, il vino e i prodotti tipici in strumento di conoscenza e di valorizzazione delle tante diversità italiane”. Nell’aprile 2010 l’Associazione Grandi Cru d’Italia mi conferisce il titolo di “Miglior Giovane giornalista del vino italiano”. Segno evidente che il consumo di alcol qualche curioso effetto collaterale ce l’ha senz’altro.

Oggi vivo di questo, con l’entusiasmo e la sete del primo giorno. Mi barcameno tra ignari editori, vedo gente e faccio cose nel mondo dell’enogastronomia di qualità.