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Vuoto a rendere

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Forse qualcuno saprà della legge che regola il vuoto a rendere in Germania, soprattutto per le migliaia e migliaia di bottiglie di birra che circolano nel paese.


Approvata nel 1991, punta a recuperare e riutilizzare quanti più contenitori possibili, con un meccanismo che si è affinato nel tempo e ha innescato un circuito virtuoso su più fronti. Un argomento tornato di grande attualità un po’ ovunque, per l’interesse di governi e aziende a innescare politiche sostenibili e per le urgenze legate alla scarsa disponibilità di materie prime, comprese le bottiglie, tra speculazioni e rincari fuori controllo.

Questioni che hanno fatto suonare il campanello d’allarme nella stessa Germania, dove, nonostante l’abitudine consolidata del vuoto a rendere, i birrifici hanno fatto sapere che sono a corto di vetro. Un bel problema in un paese che, a differenza di altri, sembra poco propenso all’utilizzo delle lattine. La Federazione tedesca dei produttori di birra (German Brewers Association), ha così invitato i consumatori a restituire le bottiglie di vetro vuote il più rapidamente possibile, vista la scarsità di quelle nuove disponibili e i tempi lunghi per averle.

La situazione di emergenza e quella di più ampio respiro legata alle tematiche ambientali stanno facendo riflettere anche il mondo del vino, seppure ancora in maniera embrionale. In Alto Adige, chiacchierando con alcuni kellermeister, ho capito che il vuoto a rendere non è solo un’ipotesi fumosa e che in futuro potrebbe esserci qualcosa di molto simile a quello che succede nella birra tedesca.

Andrea Moser, a capo della produzione della Cantina di Caldaro, una delle più importanti cooperative altoatesine, sembra tra i più convinti ma anche altri vignaioli “privati” spingono in questa direzione. Certo non è un percorso facile e non tutte le bottiglie potranno seguire questo processo, ma vale la pena tentare.

Serve intanto una bottiglia comune, da usare magari per le etichette d’ingresso (che rappresentano comunque la maggior parte della produzione); una roba tipo l’Albeisa per i vini di Langa o quella del Collio, se avete presente. Inoltre, è indispensabile un centro di raccolta e lavaggio collettivo delle bottiglie, che possa poi restituirle alle cantine per l’utilizzo.

Vedremo se qualcosa del genere andrà in porto. I modelli di riferimento e le fonti di ispirazione non mancano, anche se serve spirito collaborativo, visione e qualche cambio di rotta culturale. Considerando il mio rapporto con la campana del vetro e l’imbarazzo nel versare in quel coso decine e decine di bottiglia alla settimana, aspetto con ansia quel giorno e prometto di essere un fedele contribuente per il progetto.

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