E poi c’è la 2018, che nel trittico di annate protagoniste a Campania Stories appare come la più completa per quantità e varietà di bianchi luminosi, energici, scattanti, saporiti e potenzialmente molto longevi.
Sommando i migliori “ritardatari” a quelli già usciti nell’ultimo biennio, conto non meno di 20-25 vini di alto livello, che sottoporrei con enorme fiducia anche a chi è convinto che il bianco italiano sia per forza figlio di un bacco minore.
Metto allora da parte per una futura ricognizione a tema “bianchi campani 2018”:
> Campi Flegrei Falanghina Vigna Astroni perché da una vendemmia tutto sommato fresca la vigna più “sudista” di Cantine Astroni tira fuori una meraviglia di mimose, pistilli, erbe di campo e brace gentile, con sapore e coesione fino alla fine (mai piaciuto così tanto).
> Campi Flegrei Falanghina Contrada Salandra perché ancora una volta il suo lungo silenzio iniziale prelude a una magia di caramelle galatine e risacca, tutto in sottrazione e prospettiva eppure di stupefacente fibra.
> Fiano di Avellino Erre Tenuta Sarno perché non si limita ai consueti brillanti timbri primaverili, ma ci aggiunge un plus di sostanza terragna e carattere.
> Fiano di Avellino Tognano Rocca del Principe perché tra 147 anni noi non ci saremo e lui sì, ma sa rinfrescarci e dissetarci anche adesso col suo trito di erbette, mentuccia e limone (il barman ve lo porta quando ordinate un “Mojito Lapiano”).
> Cupo 2018 perché dopo la settima bottiglia stappata, credo di poter ragionevolmente affermare che è parecchio parecchio buono, probabilmente il miglior Cupo di sempre, insieme al 2013: tutto agrumi e mare, stratificazione e sale.
> Grecomusc’ Contrade di Taurasi perché non ce n’è mai una versione uguale a un’altra e questa svela un volto arioso e fiorito in buona parte ancora inedito.