Perché Sanremo è Sanremo? [#3]
Perché ogni volta ce n’è almeno una che ti si appiccica addosso, non importa quanto schifi il festival e quanto sia importante per te farcelo sapere col 97o post in tre ore, né l’impegno che ci metterai per evitare di ascoltare qualunque cosa che lo riguardi, alla TV o alla radio: arriverà sempre un momento, magari dopo trent’anni, in cui ti troverai a sussurrarla senza neanche farci caso.
Perché menti prima di tutto a te stesso se dici che non hai mai risposto “du du du” a chi chiama a raccolta modello arrotino: “donne”. O che non hai mai sgomberato casa dai tiratardi proponendo un “adesso andate via, voglio restare solo”. O ancora che non ti è mai rimbalzato in testa nei momenti meno opportuni, tipo funerali, un chichichicocococurucurucurucurucuquaqua.
Quest’anno la terza serata, se ho capito bene, è quella dedicata alle cover, come dopo l’edizione 1997 cercarono di liquidare, sminuire, umiliare una canzone semplicemente bellissima (seppur meno della sua edenica interprete, Alessandra Drusian) come Fiumi di Parole. Che sì: hai cantato e ricantato pure tu che stai leggendo e pensando giustamente le peggio cose di me.
Quando verrai a trovarmi, magari per guardare insieme l’ultima serata del Festival 2937, io ti stapperò un Ciliegiolo di Antonio Camillo, che è precisamente quella canzone che pensavi di non conoscere: un pezzo di quotidiano che se non ci fosse te ne accorgeresti, che neanche se lo chiede cosa è alto e cosa è basso, che può sedersi affianco alla Chianina da due chili frollata 90 giorni (assente dalla foto per ragioni di spazio) e i Teneroni Casa Modena, interscambiabilmente, specularmente e pure contemporaneamente.