Ecco com’è il nuovo menù “caccia” del Noma

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Ho già raccontato il Noma su questi schermi, dunque non mi dilungo sulle considerazioni generali e vado dritto al punto: il nuovo menù “game and forest” che apre la stagione autunno–inverno dell’incredibile ristorante di Copenaghen.

Per l’esattezza, siamo stati tra i primissimi clienti a provare i nuovi piatti e questo è forse il primo report “italiano” in assoluto, se si escludono gli articoli seguiti al solito pranzo stampa che precede l’apertura.

Prima di cominciare, alcune considerazioni al volo:

Andare al Noma è un’esperienza totale, dunque il periodo che stiamo vivendo ne limita certamente alcuni aspetti. L’attesa in una delle bellissime serre di vetro che accolgono all’arrivo, insieme ad altri ospiti, non è ovviamente possibile e nemmeno l’accoglienza di tutto lo staff di sala e cucina, una volta varcata la porta d’ingresso, ha lo stesso sapore dei tempi “normali”. Fuori gioco anche il giro delle cucine e dei laboratori, a fine cena, fatto che riduce parecchio la possibilità di comprendere l’eccezionalità del luogo e di quanto travalichi il concetto stesso di “ristorante”.

Detto questo, l’esperienza è stata ancora una volta esaltante; nonostante l’attesa, dopo i fuochi d’artificio della seafood season, fosse altissima.

Bando alle ciance, ecco i piatti del nuovo menù “caccia e foresta” del Noma:

Insalata di mele – Inizio perfetto, su toni decisamente acidi che preparano ai piatti successivi. Si sentono anche cenni che ricordano il sambuco, i frutti di bosco e le spezie mentre l’insetto non è che un gioco di mirtillo e aglio nero fermentato.

Brodo e lingua di renna – Quello a destra è uno spiedino con fungo e lingua di renna mentre il variopinto e foglioso “vaso” sulla sinistra è il brodo. Il risultato è straordinario: sembra letteralmente di bere l’autunno, con sensazioni calde, affumicate, resinose e balsamiche che si susseguono.  Il camino accesso di una casa in mezzo al bosco. Super.

Zucca bollita nel miele (in alto) – Rosa canina ripiena (a destra) – Foglia di origano dello Yucatan e caramello di anatra (a sinistra) – Trittico perfettamente riuscito e in crescendo di intensità, a partire da toni più dolci per finire su sensazioni vegetali e speziate (pepe) interminabili.

Prugna in olio di fagiano – Uno dei piatti più buoni e sorprendenti dell’intero menù: la consistenza carnosa e cremosa della prugna si combina magicamente con l’olio di fagiano.

Uovo di quaglia sottaceto – Piatto di contrasti tra la rotondità dell’uovo e sensazioni più spigolose, con la foglia d’acero lavorata nel brodo di anatra.

Focaccia di tartufo – Quella che a tutti gli affetti si presenta come una piuma d’uccello è in realtà una costruzione che prevede malto, latte vaccino e tartufo estivo. Senza dubbio riuscita ma per gli umbri come me forse un po’ banale, almeno per i toni di tartufo estivo che ci ricordano (alla lontana, per carità) certe salse lavorate.

Frutti autunnali disidratati e salsa di coniglio – Un piatto di Riccardo Canella* in cui si respira l’incontro tra sensazioni nordiche e pranzo della domenica in Italia. Un connubio perfettamente risucito che mi ha fatto pensare agli spezzatini in tegame di mia madre, o meglio alla loro sublimazione. La prossima domenica le chiederò di sostituire le olive con i frutti rossi disidratati 🙂

*Riccardo Canella è una delle figure di riferimento del Noma, tra i più vicini a Redzepi. Senza di lui le esperinze qui non sarebbero state le stesse. Grazie.

Zampa croccante di germano reale –  Una golsità assurda che ha la sola colpa di durare troppo poco. Sa di erbe, cortecce e il solito ribes nero.

Petto d’anatra selvatica – Uno dei piatti angolari dell’intero menù, per sapore e consistenza. Si mangia anche questo con le mani ed è un trionfo. Elegantissimo, sostanzioso e saporifero, amplificato dai riverberi gineproso-balsamici. Bono!

Insalata di funghi selvatici – Il predessert che vorrei sempre

Si chiude con tre dessert (solo due fotografati, ma i miei finali al Noma senza pane sono ormai noti…): Poppy seeds and cardamom – Chesnut purée – Duck foot toffee.

Uno spunto per parlare di un altro giovane italiano che si è ritagliato un ruolo di primissimo piano alla corte di Redzepi. Si tratta del torinese Stefano Ferraro, promosso a head pastry chef del ristorante.

Quello che abbiamo bevuto, pescando gioiosamente dalla carta dei vini super natural del Noma:

Ultime considerazioni:

Il menù “caccia e foresta” è magnifico e gioca, ovviamente, più sull’essenza dei sapori che sulla sostanza. In questi piatti “nudi”, tuttavia, ci sono sensazioni  confortevoli e qualche tono morbido che è una novità, ma che l’autunno ceramente favorisce. A questo punto la curiosità è tanta: dopo aver provato sia il menù seafood che questo, non resta che chiudere il cerchio con la stagione dei “vegetali”, che inizierà a gennaio. Chissà se troveremo Riccardo Canella e Stefano Ferraro, due professionisti italiani di altissimo livello che stanno pensando di tornare in patria per avviare dei progetti propri. Vedremo.

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