
Per non dimenticare le bottiglie stappate e farci compagnia a distanza. Aspettando, rinchiusi tra casa e cantina, che passi la bufera; esorcizzando virus vecchi e nuovi, e sognando l’inizio di un mondo migliore.
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Chiaro che in questi giorni bisogna organizzarsi con quel che passa il convento, o meglio la cantina di casa. Tra gli scaffali era arrivata, da poco, una bottiglia che mi aveva colpito. La stappo a pranzo e confermo che siamo in sintonia. Non ho frequentato moltissimo la zona, ultimamente, ma questo di Graziano Prà mi pare un Valpolicella fuori schema; in senso positivo, almeno per il sottoscritto.
Forse alcuni di voi conoscono l’azienda per i sui vini bianchi, come il Soave Staforte e il Monte Grande. L’acquisto di parcelle in alta quota a Mezzane, in Valpolicella, arrivato più di recente, ha però portato in dote uve nere. Filari piuttosto in alto, dunque, a circa 450 metri. Forse è (anche) questo il motivo di un rosso scarico, traslucido quanto luminoso, tutto giocato su pungoli aromatici di fiorellini e frutti rossi aciduli, tipo ribes, e piacevolissime note vegetali, simili a foglie di edera e alloro. Qualche nota pepata, a pensarci, giunge in profondità e accompagna un fine bocca acido ma per niente tannico, tutto sommato docile e quasi rinfrescante. Fa pensare a qualche cabernet franc d’ingresso della Loira. Ci ragiono mentre mi godo questi 12,5° alcolici di spensierata ma affatto superficiale giovinezza.