
Poche cose mi affascinano come l’idea di dare nuova vita a vecchi progetti, spazi dimenticati o imprese passate. In un’epoca dominata da non – luoghi e pensieri deboli, trovo attraente restaurare (fisicamente e idealmente), dando veste contemporanea a qualcosa che ha avuto senso in passato.
Uno storico brand da attualizzare, i docks delle città portuali che diventano gallerie d’arte, i mercati cittadini che cambiano pelle, fabbriche chiuse da anni che offrono spazi incredibili a nuove attività. Grandi e piccoli progetti di riciclo, a pensarci bene.
Per dire, è da un po’ che la mente comincia a fantasticare quando passo davanti a un’edicola chiusa; scena sempre più usuale, purtroppo. Non vi dico quante attività ho pensato per quei chioschi e sono contento che qualcuno stia passando all’azione.
Leggo sul Gambero Rosso che a Milano stanno avviando dei progetti legati al food e ai prodotti locali, mentre a Perugia un’edicola come tante è diventata una miniera inesauribile di riviste introvabili, fuori dai circuiti della distribuzione classica, oggetti d’arte e iniziative culturali.
All’Edicola 518 non si vendono più giornali ma si possono trovare magazine che arrivano da tutto il modo, difficili da reperire altrove. Anche i fissati di robe mangiobeverecce trovano pane per i loro denti. Ormai vado da Antonio e compagni a prendere le mie copie di Cook_inc e Dispensa, Tapas e Noble Rot.
Ecco, Noble Rot. Non so se l’avete presente. Per il sottoscritto una delle iniziative editoriali sul vino più interessanti in circolazione; per idea, contenuti, formato, grafica e linguaggio. Tra le poche riviste realmente innovative in un settore che raramente brilla per freschezza e dinamismo.
Paolo mi ha portato l’ultimo numero tre giorni fa, al solito ricco di spunti e riflessioni. Se vi capita tra le mani, non perdetevi l’articolo sulla perfetta temperatura di servizio dei vini rossi o quello su quanto diventino desiderabili i vini dei vignaioli deceduti (Dead vignerons society). Per non dire del borsino sulle tendenze vinose dell’anno in corso: “What’s hot and what’s not in 2017”. Curiosi di sapere quali sono?
UP
1 I vini vulcanici
Sono ancora loro, dall’Etna a Tenerife, i vini più cool secondo Kate Spicer, autrice del pezzo.
2 Grecia
Storia, terroirs ben centrati, vini artigianali a prezzi onesti. Ecco perché conviene familiarizzare con Economou e Hatzidakis.
3 Vini aromatizzati
Dopo l’oblio, tornano di moda resine, radici ed erbe. E il Barolo Chinato che sa di candela Dyptique…
4 Pineau des Charentes
Mosto fortificato prodotto nella regione del Cognac. Pare stia diventando piuttosto di moda come taglio per i cocktail nei locali fighi del Lower East Side a Manhattan.
5 Cahors
Il malbec francese sugli scudi, dunque. Secondo Kate sta ai grassoni argentini come Charlotte Gainsbourg a Kim Kardashian.
DOWN
1 Il Malbec argentino
“One of the most banal wine in the oenoverse”.
2 Orange wine
Da vino degli hipster dell’East London alle offerte di Marks & Spencer…
3 Supertuscans
Sassicaia a parte, l’equivalente liquido di jeans rotti a 1000 euro.
4 Sherry
“C’mon, even your Granny’s rediscovered the joy of a glass of Fino and some Bombay mix”.
5 Big Wine
Ora che nessuno ascolta più Robert Parker, non ci sono scuse per bere uno Zinfandel di 16,5 gradi. E non importa se costa 200 euro: “big wine is for trumps”.