
antipasto s. m. [comp. di anti- e pasto]. – Insieme di vivande di vario genere servite all’inizio del pasto. In senso fig., anticipazione di ciò che avverrà in un secondo momento: questo è solo l’a., il bello deve ancora venire.
Attesa del gastro – piacere, insomma, che è essa stessa piacere. Il sabato del villaggio della cucina italiana, meglio degli starters britannici e simili all’hors d’œuvre francese.
Storicamente servito in piccole quantità, perché deve stuzzicare l’appetito e accrescere l’attesa delle portate principali, l’antipasto è una pietanza ai margini. Prologo del pranzo o della cena, ha uno status tutto suo. Sicuramente i primi piatti, per non dire i secondi, che so un arrosto di quelli importanti, lo guardano con spocchia e sufficienza. Ma lui non se la prende. Conosce il suo compito, sa di essere importante e apprezzato così com’è.
Questo è l’antipasto italiano, o meglio lo era. A me pare ci sia una tendenza in atto, molto forte in una certa ristorazione moderna, che gli sta cambiando il ruolo. Una promozione non richiesta che mischia carte e gerarchie. Non sembra anche a voi che gli avvii siano sempre più ricchi, elaborati e impegnativi? Da prologo a dentro il pasto. Da pietanza capace di stuzzicare a portata in tutto e per tutto, che sarà anche interessante e buona ma che spesso toglie fame invece di alimentarla.
Viviamo in una società che vuole tutto e subito, sarà questo il motivo? Bisogna stupire fin dall’inizio, non c’è tempo da perdere. Niente attese, niente preliminari, si va al dunque in men che non si dica.
E’ un po’ quello che è successo all’aperitivo, a pensarci, che si ritrova orrendo apericena. Che iddio li perdoni.
Sia come sia, al ristorante mi capita sempre più spesso di desiderare due – tre antipasti e chiuderla lì.
Non è un segreto che pochi facciano ormai un pasto completo, di tutte le portate. Un problema di quattrini, certo, ma anche di piatti che hanno cambiato la loro natura e conquistato nuovi scenari. Comunque la si pensi, qualcosa di cui si dovrebbe tenere conto.