Digressioni Sabatiche #5 | Jordy Maggio, l’uomo delle punizioni

Andrea-Pirlo

[a Bruce Harper, Julian Ross e Warren Beatty]

Non si era mai visto niente di simile a Calafuni.

Trecento anime sparse tra nove contrade, due strade e una piazzetta a dare respiro nelle peggiori sere d’estate. E la chiesa troppo piccola per contenere quella fiumana di gente: il dispaccio della questura parla di oltre ventimila persone, uomini e donne, vecchi e bambini, omini, ominicchi e quaqquaraqquà. Sono arrivati da tutta la Sicilia per accompagnare Jordy Maggio nel suo ultimo viaggio.

Ma sembra tutto fuorché un funerale. Nulla di luttuoso nel rintocco delle campane: piuttosto una nenia che sfuma leggera via via che la barca prende il mare aperto. E lì sugli scogli una città di mani festanti, a dire ti aspettiamo Jordy, goditela tutta la tua pesca a tempo indeterminato. Te la sei meritata.

Aveva da poco compiuto 50 anni, il calafunese più conosciuto ed amato. Nato da Carmelo Maggio e Arantxa Intxausti il 21 maggio 1966. Padre autoctono, madre basca, figlia di un attivista sospettato di terrorismo separatista, rifugiatosi in provincia di Enna nel secondo dopoguerra. Orfano prima della maggiore età, perché i genitori di Jordy sparirono durante un’escursione sui Nebrodi nella primavera dell’84. Gli inquirenti non ebbero dubbi fin dal primo momento: classico caso di lupara bianca, e i loro corpi mai ritrovati.

Il tempo di terminare la scuola e Jordy si trasferì a Norimberga, dove abitava zio Peppino, fratello di papà Carmelo. E lì si guadagnò da vivere per quasi un ventennio, facendo ogni genere di lavoro: cameriere, cuoco, elettricista, carpentiere, muratore, camionista, e la lista è lunga. A Calafuni tornò solo una volta, quella definitiva: non ebbe più bisogno di travagghiare quando scoprì di essere l’unico erede designato del patrimonio di Helèna Von Hanmann. Una baronessa prussiana per la quale aveva lavorato tempo addietro, con la ditta incaricata della ristrutturazione di Palazzo Stigerlitz, sulle montagne bavaresi, solo uno dei numerosi edifici nobiliari appartenenti alla famiglia. Gli lasciò una fortuna, e naturalmente in paese la questione divenne presto leggenda, con particolare riferimento alle “capacità di manutenzione a tutto tondo” dell’illustre concittadino.

Non spiegò mai a nessuno la natura del suo rapporto con la baronessa, del resto non si trattava più di una mera vicenda personale. Decise infatti che quel testamento riguardava l’intera comunità di Calafuni, e si mise immediatamente all’opera. Fece costruire (e ricostruire, quando gli facevano saltare in aria qualche cantiere) asili, campi sportivi, centri sociali, palestre. Chiamò i migliori docenti di letteratura, arte, scienze matematiche e cucina ad insegnare nella sua Scuola Totale, diventata rapidamente il miglior istituto privato della regione. Con iscrizione gratuita per i ragazzi meno abbienti della zona e, nell’ultimo periodo, per i richiedenti asilo sbarcati sull’isola.

Ma la popolarità di Jordy Maggio tra i suoi conterranei è legata solo in minima parte alla straordinaria attività filantropica. Diventa mito sui campi da calcio della provincia, nelle dieci stagioni giocate in prima categoria con la casacca della Calafunese. 247 partite, 173 reti segnate, tutte su punizione: un unicum per questo sport, a maggior ragione stupefacente se consideriamo l’esordio in campionato a 38 anni suonati.

Grande tifoso e appassionato da divano, non avrebbe probabilmente mai toccato un pallone in vita sua se don Girolamo, presidente-allenatore della Polisportiva e grande amico, non gli avesse chiesto la cortesia di aggregarsi alla squadra come riserva, dato che aveva gli uomini contati per la delicata trasferta di Sciacca. Destino volle che bomber Bellomo, detto Bastianeddu, si infortunasse all’inizio del secondo tempo, Jordy subentrò, tra l’ilarità generale e mille sfottò.

Vagava per il rettangolo in terra battuta senza la minima idea sulla posizione da tenere e i movimenti da seguire rispetto a compagni ed avversari. Limiti tattici peraltro non compensabili con le doti atletiche: già allora sfiorava il quintale di peso, a fronte del metro e settantadue di statura. Sotto di un gol, le speranze per la Calafunese di raddrizzare l’incontro (giocando di fatto in inferiorità numerica) erano ridotte al lumicino. A due minuti dal termine il colpo di scena.

Ultimi assalti confusi sulla trequarti, la mezz’ala Caruso tenta un triangolo con lo stopper Giuffrida, ormai pivot in pianta stabile, e viene atterrato al limite dell’area. Balistreri da Barcellona Pozzo di Gotto non ha dubbi: calcio di punizione diretto. Il fluidificante Cammareri, dotato di gran castagna, si appresta a tirare mentre l’arbitro sistema la barriera ai canonici nove metri e quindici di distanza. Fischia. La palla è in rete. Il portiere dell’Atletico Sciacca immobile, stessa reazione dei calafunesi: Maggio ha bruciato tutti sul tempo, disegnando una parabola perfetta che va a morire all’incrocio dei pali.

Da lì è storia. Jordy entra ufficialmente nella rosa della Polisportiva, prova ad allenarsi seriamente, ma capisce presto che non diventerà mai un vero giocatore di movimento a quell'età e con quel fisico. Non sa stoppare, viene anticipato in ogni azione, sbaglia i passaggi più elementari: il suo unico talento è quello che ha scoperto a Sciacca. Calciare le punizioni. Con una tecnica mai vista prima: colpisce il pallone con la parte più esterna del mignolo sinistro, e una volta su due la mette dentro. Traiettorie imprevedibili, illeggibili anche per il miglior Buffon.

Nelle gare successive parte di nuovo dalla panchina. Don Girolamo non se la sente di rischiarlo dall’inizio, del resto con Maggio in campo è come giocare per novanta minuti più recupero in dieci. Gli riserva quasi sempre l’ultimo quarto d’ora, e spesso basta per lasciare il segno: un fallo della difesa avversaria a 20-30 metri dalla porta assomiglia sempre più, partita dopo partita, ad un rigore per la Calafunese. 

Finché il prete-allenatore, che era stato assistente di Zeman ai tempi del Licata, capisce: Jordy titolare inamovibile, la sua sola presenza basta a scompaginare i piani tattici di qualsiasi avversario. Mediani e centrali difensivi sono talmente condizionati dalla paura di commettere fallo attorno alla “mattonella Maggio”, che i loro contrasti con le sguscianti ali calafunesi sono regolarmente troppo morbidi. Si aprono praterie in attacco e prospettive inedite per il 10 + 1 di don Girolamo: modulo vincente, dentro e fuori dal campo.

Si sparge infatti la voce. Pare che a Calafuni si giochi il miglior calcio di Sicilia, e gruppi di tifosi-curiosi provenienti da tutta la regione si organizzano per seguire il girone C della Prima Categoria. La realtà conferma le aspettative; sono spesso partite spettacolari, con pochissimi falli e tante azioni da gol. E poi c’è quello strano numero 10 che pascola un’ora e mezzo per proprio conto, ma la mette sempre dentro se c’è una punizione nella trequarti avversaria.

Si scomodano perfino i media nazionali, interviste e servizi, gli inviti alla Domenica Sportiva. Jordy sorride e declina. La Sampdoria gli propone un triennale e un film sulla sua vita: l’uomo sovrappeso che diventa campione a 40 e passa anni, c’è da farci i miliardi con libri, poster, maglietti, gadget, e chi più ne ha più ne metta. Jordy sorride e declina. Si sente tutto fuorché un freak, un fenomeno da baraccone, e alla serie A preferisce altri sette campionati di prima categoria. E il giorno del suo quarantottesimo compleanno appende inderogabilmente le scarpette al chiodo.

https://www.youtube.com/watch?v=RW2uKefAcfg

Gli ultimi due anni li passa a viaggiare, perlopiù per fare visita alle famiglie dei bambini e ragazzi che lo avevano contattato in quel decennio per manifestargli il loro tifo. E poi per incontrare alcuni grandi calciatori del passato, quelli a cui sentiva di dover dire grazie per l’ispirazione, il dono che gli aveva regalato la più bella mezza età che un uomo scapolo e senza figli potesse desiderare.

E’ stato ospite di Michel Platini, Diego Armando Maradona, Sinisa Mihajlovic Roberto Carlos, Juninho Pernambucano, David Beckham. Gli mancava solo l’ultima figurina del suo speciale album, quella a cui teneva di più: una chiacchierata a casa di Andrea Pirlo. Il fuoriclasse bresciano non volle: «sono io che devo venire ad omaggiare te, Jordy, a casa tua,». Ma i mesi passavano ed era plausibile pensare che fosse stato solo un modo gentile di rifiutare un appuntamento.

Non era così. Perché tre giorni fa il regista dei New York City è apparso a sorpresa a Calafuni, per onorare la promessa col suo nuovo amico. Jordy gli ha fatto da Cicerone per tutta la mattina, mostrandogli il centro sportivo, la Scuola Totale, e tutte le bellezze del territorio. Poi sono andati da Santuzzo & Concetta, per un “pranzetto veloce”: crudi di pesce, caponata, arancine, pane cunzatu, pasta con le sarde, sformato di melanzane, pesce spada alla griglia, stufato di maiale nero, ragusano, caciocavallo, cassata, cannolo, pignoccata, granita, un bicchiere di Marsala stravecchio.

Si sono salutati con un lungo abbraccio, e Jordy è tornato a casa. Si è addormentato e nel sonno ha lasciato questa terra. Andrea Pirlo e tutti gli altri che lo hanno conosciuto lo ricorderanno per sempre, ogni volta che un arbitro fischierà una punizione.
 

% Commenti (2)

piergiovanni cristiano

La tua prosa sta spaziando tra Peppe Lanzetta a Osvaldo Soriano!

Paolo De Cristofaro

ahahahahahahahahahahahah 😀 😀 😀

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