Col Piedirosso è stato amore a primo assaggio. Lo considero uno dei vini rossi italiani più originali, oltre che buoni, capace di curve aromatiche inusuali e traiettorie gustative imprevedibili. E poi, nei casi migliori e negli ambienti più marcati, sa leggere la terra come pochi.
Ma tra gli amori, si sa, c’è sempre un “primo” e nel mio caso si chiama Raffaele Moccia. Se volete approfondire la faccenda, ecco qui un delizioso scritto di Mauro Erro, in visita alle terrazze di borotalco di Moccia, sui vulcanici Campi Flegrei.
Cantina Agnanum, dunque. Ricordato che la Falanghina della casa è una meraviglia salata, ieri, tra i banchi d’assaggio della Leopolda, allestiti per la presentazione di Vini d’Italia L’Espresso, ho rimesso il naso nel Pèr ‘e Palumm Vigna delle Volpi 2013.
Piedirosso, appunto. Meravigliosamente espressivo e fuori dal coro. Profumi caldi di frutta tritata, cenere, erbe macerate e tanto pepe. Di quello che, se lo scaldi tra le mani, prende quasi un’idea di fumo e brace. Segue un sorso ampio, rigoglioso, dai continui mutamenti aromatici, capace di piroitte e impennate, tra sentieri sapidi, coccole dolci e innervate acide.
Forse non il vino più buono assaggiato ieri, ma certo quello che mi ha salutato con maggiore entusiasmo.