La coppia di 100/100 piovuta sui Brunello di Montalcino 2010 ha riportato alla ribalta il metodo Robert Parker e la forza del “100 point rating system”, lanciato proprio dal super critico americano.
La faccenda apre numerose riflessioni, a cominciare dall’esistenza o meno del vino perfetto, per sfociare inevitabilmente su questioni commerciali che legano, in qualche modo, il ruolo della critica a quello del mercato.
Ho trovato interessanti, su questo fronte, le risposte dello stesso Parker, pubblicate sul magazine The Drink Business a seguito di un’intervista.
“Quando sei convinto che quel vino sia il migliore esempio che hai mai provato di quella particolare tipologia, hai l’obbligo di dargli il punteggio perfetto. In caso contrario sei un irresponsabile”, sostiene Parker. Che aggiunge: “è l’emozione del momento che fa la differenza tra un punteggio molto alto e la perfezione dei 100 punti. Un grande vino deve essere emozionante”.
E qui arriva un passaggio interessante perchè, dice il fondatore di The Wine Advocate: “con il tempo mi sento molto più a mio agio nel dare 100 punti. Con una maggiore esperienza, sono in grado di dare questo punteggio più frequentemente visto che ho una sorta di memoria enciclopedica su cos’è un grande vino e quanto deve essere buono”.
Dunque, tutto spiegato. La crescita (numerica) esponenziale dei vini capaci di raggiungere 100/100 è frutto della maggiore esperienza di Parker. E dei suoi collaboratori, suppongo.
Diversa l’opinione di quelli della Revue du Vin de France, che, nel numero di Febbraio 2015, titolano sibillino: “Robert Parker a le 100/100 facile”. Secondo i critici francesi The Wine Advocate sta moltiplicando i 100 punti dopo la vendita dell’azienda ad un trio di imprenditori Singaporiani.
Nell’arco del 2013 ben 103 vini hanno avuto il massimo riconoscimento. Un aumento esponenziale rispetto agli anni precedenti, visto che nel 2009 erano stati solo 38 e nel 2004 appena 17!
Fermo restando che avere i 100/100 Parker è ancora un riconoscimento che “cambia la vita”, concludono quelli della Revue, “il sistema che designa una specie di elite delle elite dei più grandi vini mondiali non è forse arrivato a contraddire la sua logica?”
Sarà interessante vedere nel medio-lungo periodo che influenza avrà sul mercato questa tendenza. Per ora, magari, l’inflazione centesimale porta a una minor utilità commerciale di punteggi che un tempo invece servivano. Un 92-94 fa minor specie, insomma.
Certo è che la scala finisce e finirà sempre a 100.