#svuotacantina | Favaro Benito, Erbaluce di Caluso Le Chiusure 2008

Non ho ancora capito se prevale l’euforia o la tristezza.

La gioia procurata da una grande bevuta, solo in parte prevista a questi livelli, o il dispiacere di averne goduto da solo, senza poterla condividere coi miei amici di tavola più esigenti.
Anche perché li avrei fatti ammattire alla cieca, non ci sono santi. E mi sarei troppo divertito ad osservare la faccia di Palma e Vittoxx mentre tolgono la stagnola convinti di trovare uno Chablis o un germanico di prima fascia, logicamente e legittimamente, per poi leggere sull’etichetta Erbaluce di Caluso.
Non uno qualunque, naturalmente, ma il Le Chiusure 2008 di Camillo Favaro, figlio di Benito che dà il nome alla cantina da lui creata a Piverone. Che sia già da qualche anno uno dei vini di riferimento dell’intero comprensorio canavese-calusiese non lo scopro certo io, ma quella stappata è una bottiglia di livello altissimo, che meriterebbe un confronto-controprova accanto a qualcuno dei più reputati bianchi europei.
Qualche anno fa ho avuto modo di girare con calma la zona, affascinante prima di tutto da un punto di vista ambientale e naturalistico, con le sue colline moreniche, i bacini lacustri e le Alpi ad un passo. E c’è stata occasione di assaggiare anche qualche “vecchia” bottiglia, con esiti spesso sorprendenti sia sulle versioni ferme-secche che su quelle passite. Chi ha avuto il privilegio di imbattersi in qualche annata storica di Vittorio Boratto e del Cavalier Gnavi sa di cosa parlo, ma per il “grande pubblico” queste sono in buona parte opzioni ancora del tutto sconosciute.
Ed è un peccato, perché a cercar bene attorno Caluso si possono pescare con pochi euro dei bianchi dal profilo decisamente contemporaneo, apparentemente sottili ma scattanti e gustosi, misurati nell’alcol e perdipiù capaci di evolvere felicemente. A pensarci bene non poteva esserci nome più azzeccato per questo vitigno, localmente conosciuto anche come greco, ma molto diverso rispetto alla varietà coltivata in Irpinia e in buona parte dell’Italia Meridionale. Nelle migliori interpretazioni i suoi aromi davvero giocano con il verde delle erbe da cucina e la bianca luminosità del melone pane e degli agrumi acerbi, con i tratti iodati e linfatici ad aggiungere complessità nell’evoluzione.
Nel Le Chiusure 2008 c’è tutto questo e molto di più: nessuna traccia terziaria in un naso solo più cesellato e ampio rispetto all’uscita, sorso di irresistibile energia salina, incanalata in un binario di finezza, tensione e progressione.
Li avrei fatti ammattire i miei amici, non ci sono dubbi, specie quelli che fanno fatica ad immaginare un bianco italiano di stile verticale così completo.

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