Qualche giorno fa, di ritorno da un pranzo a casa di cugini, pensando alla mia condizione di “esperto di vino”, mi è venuto da pensare a Nonno Libero.
Che c’entra il fortunato personaggio interpretato da Lino Banfi, direte voi? Il fatto è che un medico in famiglia io ce l'ho ed è mio padre. Immancabilmente, durante pranzi e cene con il parentame, scatta il “consulto di fuoco” o, più semplicemente, si approfitta della presenza del dottore per porre qualunque tipo di quesito. Ogni scusa è buona per sottoporre il faldone di analisi e lastre, per raccontare le disavventure occorse tra mille ed una struttura sanitaria e via dicendo.
Ma ora c’è una nuova figura: “il sommelier in famiglia”, ovvero il sottoscritto.
E’ sicuramente un fraintendimento il fatto che associno al mio nome il termine intenditore, piuttosto mi sento uno sbevazzatore, ma a quanto pare è un messaggio troppo complesso da far arrivare ai parenti. Pertanto ora tocca anche a me un certo fuoco di fila.
Col tempo ho però notato che mentre il verbo di mio padre era considerato alla stregua di manna, il mio andava progressivamente travisandosi. Fatto che mi lasciava un filo perplesso.
Sulle prime ero quasi galvanizzato dalle richieste di informazioni: sentivo che anni di studi, di assaggi, pugnalate al fegato e analisi sballate avevano avuto un senso; salvo poi rendermi conto che il saldo delle parole dette era nettamente a mio sfavore.
Ma che è successo? Quando si è capovolta la situazione? Perchè loro parlavano ed io ascoltavo?
Alla fine ho concluso che mentre in medicina il depositario della verità è il medico, nel vino (un po’ come nel calcio) siamo tutti dei veri profeti!
Ripercorrendo mentalmente pranzi e cene con parenti, amici e conoscenti, ho avuto modo di ordinare e catalogare una serie di categorie comuni, oltre che dei piccoli codici comportamentali che, negli episodi a venire, mi hanno tolto da sgradevoli impacci.
Ecco a voi alcuni casi:
“Ahhhh, stammi a sentire…”, ovvero i convinti saputelli. E' in assoluto la categoria che preferisco, quella con cui la mia manifesta ignoranza va realmente a nozze! Le incrollabili convinzioni che animano le loro disamine sono un granitico monumento all’umano cipiglio. Vanno trattati necessariamente come fonte di infinita saggezza a cui abbeverarsi a garganella. Normalmente seguo rapito i loro ragionamenti, annuendo quando serve e limitando al massimo i miei interventi, che comunque non avranno altra funzione che avvalorare quanto già dicono.
“Scegli tu che te ne intendi, però…”. Ecco a voi gli spettacolari finti-umili, pronti a mettersi completamente nelle mani dell’esperto di turno, salvo poi sollevare le più disparate e sempre meno velate obiezioni, facendo leva su una malcelata ed approssimativa conoscenza. Si beccano facilmente perché quando dichiarano “scegli tu” li vedi come seduti sulla più scomoda sedia del mondo. Il segreto è renderli più protagonisti che partecipi, mettendo una pietra sopra alla boccia che si sceglierà.
“M’hanno detto che…”. Possono mancare i bignamisti del vino, capaci di snocciolare una serie più o meno lunga di “tips” carpiti un po’ qui e un po’ là, desiderosi non tanto di apprendere quanto di ricevere consensi ed approvazioni sulle loro convinzioni? Una misurata accondiscendenza è la strada migliore per esaurire rapidamente la manifestazione di scibile in pillole. Un argine qui, una parolina lì, e si disegna la strada più veloce per far si che il rigagnolo finisca a mare.
“Ho una bottiglia in garage del 1237… secondo te com’è?”. Eccolo, mitico ed immancabile! La tentazione di buttargli in faccia quanto rimasto nella boccia è veramente fortissima (e confesso che un paio di volte mi sono tolto lo sfizio), ma perché poi rovinare quell’aura di misticismo che circonda la salvaguardata bottiglia? Si risolve consigliando di aprire la reliquia in una occasione veramente unica, che tanto sappiamo benissimo non si presenterà mai.
“Anche mio PARENTE GENERICO fa vino, e lo fa solo con l’uva, altro che…”. Attenzione, siete in un campo minato. Che poi diventa veramente pericoloso se salta fuori anche l’arma del delitto, ovvero il vino in questione, che devi per forza assaggiare/valutare/giudicare (ovvero, secondo questi figuri, apprezzare/magnificare/glorificare, amen). Se volete farli contenti, ci può stare un elegante “risultato sorprendente”, senza approfondire la natura della sorpresa. Si rischia però di dare la stura a tutta una serie di considerazioni su come, dove, quando, perché, ecc. ecc. ecc…
“Io non mischio mai il rosso con il bianco che poi sto male”. C’è anche questo, ma per fortuna in ogni famiglia c’è anche chi non se ne frega una beneamata cippa di quello che fai!