Tutta la vita del Paleo, il Paleo tutta la vita

La chiamano rivoluzione 2.0. A dire il vero non si capisce bene perché, visto che prima eravamo all’1.0.

Dove sono finiti l’1.1, l’1.2, l’1.3 e via dicendo? No perché se si saltano tutti i decimali tanto vale dire che siamo passati dall’1 al 2…
Riflessioni matematico – epistemologiche a parte, la rete ha praticamente stravolto il modo di comunicare umano, frammentato gli oligopoli del passato, messo in discussione i poteri forti del giornalismo classico e scompaginato gli schemi a cui eravamo abituati.
La velocità, la quantità dei flussi di informazioni, l’interazione, la multimedialità dei mezzi e l’interscambio di notizie sono un dato acquisito e imprescindibile, il vero valore aggiunto della modernità che sta mettendo in crisi il sistema.
Forti di questi presupposti, voraci nell’accaparramento di dati sensibili e fulminei nella restituzione del materiale elaborato, chi scrive su questi schemi dimostra ogni giorno di maneggiare con nonchalance le “moderne regole del dire”, proponendosi come avanguardia del giornalismo contemporaneo.
Non ci credete? Pensate allora che la degustazione di cui parliamo oggi, nell’era del just in time della comunicazione e del “tempo reale”, si è svolta il 25 settembre. Ai tempi dell’iPhone 5, dunque, il progresso tecnico ci consente di uscire con la nostra indispensabile recensione a soli 11 giorni, 257 ore e 15.420 minuti dall’evento. Un miracolo, evidentemente, impensabile appena qualche anno fa.

Certo, la rapidità di esecuzione ci impedisce di sviscerare nel dettaglio la straordinaria degustazione di Paleo a cui abbiamo avuto l’immeritato onore di partecipare, dunque abbiamo deciso di concentrarci sui ricordi più nitidi, le tinte forti, le informazioni capaci di sedimentarsi e divenire conoscenza acquisita.
Ci riferiamo ai vini, ovviamente, ma soprattutto alle persone che hanno fatto e fanno de Le Macchiole* un vanto del Made in Italy nel mondo. Ci riferiamo a Cinzia Merli come sintesi attuale di un’idea, di un sogno reale, di un’utopia concreta. Una donna capace di richiamare a sé la forza di un gruppo, di un progetto, di una terra. Una donna che conosco poco o niente, ma che intuisco di forza magnetica.
Ieri, incontrando per caso un amico presente come me alla degustazione, ho avuto la descrizione di Cinzia che mi mancava: “un fiore d’acciaio”, a tratteggiarne il carattere delicato, certamente gentile, capace però di sottendere una forza al contempo incredibile e perfettamente percepibile.
Forse è per questo che ne scrivo oggi. Fino a ieri non avevo la chiave di lettura che cercavo. Le venti annate che raccontano la storia del Paleo sono una conseguenza. Un modo per mettersi a nudo, rileggere le tappe di una storia che è tante storie per scoprile tutte belle.
Come un 1992 magnifico eppur cosi diverso dal vino che conosciamo oggi. Col sangiovese che marca eccome, dà spina dorsale e affondo, e si concede solo alla lunga al voluttuoso abbraccio del cabernet sauvignon. L’annata piccola e difficile? Lo scorrere del tempo ce la fa dimenticare e quelle timide rughe non fanno altro che aumentare il fascino.
O come la 2001, secondo colpo della rivoluzione che porta alla scelta del cabernet franc in purezza. Vino monumentale, impressionante per tessitura, intensità e gioventù. Magnifico nell’articolazione aromatica che unisce i piccoli frutti neri al cioccolato, i lampi vegetali (foglia di limone) a quelli balsamici. Un vino che ti disegna un sorriso, capace di farsi grande all’idea di averne un paio di bottiglie in cantina.
Le mie personalissime idee sulle annate degustate:
1992 *****
1993***
1994**
1995***
1996**
1997****
1999****
2000****
2001*****
2002***
2003***
2004****
2005***
2006*****
2007****
2008*****
2009****


Foto: Le Macchiole

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