A leggere quel che passa la blogosfera in questi giorni, quelli che seguono le uscite delle più importanti guide di vini e ristoranti,
mi vengono in mente quei bar di paese dove vedi pochi vecchietti al tavolo delle carte e un numero indefinito di figuri tutti intorno a commentare, spesso intenti a rimproverare i giocatori, sottolineandone animatamente gli errori.
L’uscita di una guida è ormai una “liturgia stanca”, dicono alcuni. “Il loro destino è segnato”, aggiungono altri. Può darsi che sia così, e che finalmente, un giorno non troppo lontano, vivremo in un mondo libero dalle temibili guide.
La mia riflessione è un’altra, e non va assolutamente letta come retorica, anzi: se veramente il movimento guidaiolo è agonizzante, stantio, moribondo, destinato a fare posto al nuovo che avanza, il paperfree, la rete, possibile che ci sia una rincorsa al rovescio? Voglio dire, come si spiega tutto questo interesse per le classifiche, i punteggi, le anticipazioni, i commenti espressi da qualcuno che si dice sta scomparendo?
Possibile che il nuovo debba parlare del vecchio per farsi notare e sancirne il superamento? E’ solo un problema di contenuti, di rapporti in divenire, di assestamenti? Forse un semplice atteggiamento reverenziale? Davvero non saprei.
Premessa: sono parte in causa, anche se ho le mie idee e ci tengo all’indipendenza critica. Svolgimento: al di là dei punteggi e delle polemiche, sfogliare le guide mi diverte molto, non fosse altro per fantasticare di mangiare in questo o in quel ristorante, piuttosto che ricordare un pranzo o una cena del passato, prossimo o remoto. Amo il confronto, sempre e comunque, dunque non vedo l’ora di leggere come la pensa qualcuno che reputo preparato e professionale su una argomento in cui ho espresso un mio giudizio.
A volte la lettura è confortante e mi aiuta a confermare un’idea, in altri casi mi mette la pulce nell’orecchio e mi spinge ad un ulteriore grado di giudizio, fino ai casi un cui mi incazzo e basta. Ci sta anche questo, fa parte del gioco e devo dire che non mi dispiace nemmeno troppo.
Sono abituato a dare molta importanza a tutto quello che faccio e garantisco sempre il 100% dell’impegno. Però mi piace anche sdrammatizzare e pensare che i problemi della vita sono altri. Le guerre di religione su cibo e vino mi appaiono ridicole, ma certo riconosco il valore di un settore che è strategico per il nostro Paese, oltre che bellissimo e ricco di cultura (non solo materiale).
Però, e prendo ancora una volta in prestito Savarin (che certo non sottovalutava il cibo, i cuochi e tutto quel che gira intorno a questo mondo) , non è male ricordare che, alla fine, tutto quello di cui parliamo finisce nel cacatoio.