
Ci sono parecchi motivi per i quali mi sento particolarmente legato alla famiglia De Matteis e al suo pastificio, probabilmente il più conosciuto tra i marchi dell’industria alimentare irpina, insieme a quello dei fratelli Basso.
Da ex play-guardia non posso fare a meno di associarlo agli anni che riportarono la febbre da basket in città, quando la Felice Scandone Pasta Baronia fu promossa in A2 dopo una finale-spareggio ad Ancona contro Bergamo vietata ai deboli di cuore.
E poi ci sono i ricordi della Renault 21 grigia con cui facevamo avanti e indietro da Avellino a Montecalvo, il paese di mio padre dove nove volte su dieci ci aspettavano i cicatielli e il ragù di nonna Pina. Ci passavamo quasi ogni settimana, davanti a quello stabilimento che mi sembrava gigantesco e riusciva ad azzittirmi per qualche minuto.
I ragazzi, si sa, hanno un’attrazione fatale per tutto ciò che è maestoso: forse sentono il bisogno di spazi abbastanza capienti per contenere i loro sogni e le loro fantasie. Quasi dieci anni dopo quegli sguardi on the road mi ritrovavo a Flumeri per esplorare da dentro il molino-pastificio, rimanendo questa volta ammirato dalle persone che l’avevano pensato. Era il periodo in cui stavo preparando il numero zero di Lupus in Tabula, la trasmissione sull’enogastronomia irpina andata in onda per 22 settimane su Irpinia Tv, dall’autunno del 2004 alla primavera del 2005.
Nonostante fosse ancora in una fase embrionale, la famiglia De Matteis fu la prima a credere nel progetto, con un entusiasmo, un senso di fiducia e di incoraggiamento che ancora adesso mi stupisce ed emoziona. Pasta Baronia fu il main sponsor del format per tutta la durata della messa in onda, un tipo di partnership che raramente ho incontrato in esperienze successive. Dal fondatore Armando ai figli Gabriella, Alberto e Marco mai una volta c’è stata un’interferenza sui contenuti proposti, mentre tutta l’attenzione si è sempre concentrata sul bisogno di informare il telespettatore, dotarlo di strumenti conoscitivi sulla filiera e i processi di produzione della pasta, aldilà della promozione sul marchio in senso stretto. La loro disponibilità e vicinanza umana restano una delle cose più belle di quei mesi così duri ed impegnativi.
Ecco perché sono stato doppiamente contento quando le nostre strade si sono nuovamente incrociate in occasione dell’ultima edizione di Taurasi Vendemmia. Anche in questo caso non tanto e non solo per la fiducia accordata a quella che nei fatti è la prima e unica iniziativa di promozione in Irpinia sviluppata interamente su un modello orizzontale. Quanto perché la collaborazione è nata su un progetto di cui avevamo lungamente discusso con Gabriella, Alberto e Marco fin dai giorni di Lupus in Tabula. Si tratta di Grano Armando, il nuovo marchio con cui la De Matteis Agroalimentare propone una pasta prodotta da filiera integrata 100% italiana.
Alla base di tutto c’è un contratto di coltivazione siglato con un gruppo di agricoltori, principalmente del Mezzogiorno, che prevede un rigido disciplinare di produzione e l’utilizzo di varietà nazionali selezionate da Coseme, società sementiera partner del progetto. Al conferitore viene riconosciuto un prezzo minimo garantito, con dei bonus se il contenuto proteico dei grani supera il 14,5%.
Tutta la lavorazione viene effettuata nello stabilimento di Flumeri, che ospita anche il molino aziendale, e per l’estrusione vengono utilizzate esclusivamente trafile di bronzo. A sottolineare ulteriormente la chiave di sostenibilità che ha ispirato l’idea, c’è la scelta di impiegare per le confezioni solo materiali compostabili e carte vergini, con stampe ad inchiostro di origine vegetale. In più attraverso il web i consumatori potranno adottare una o più aree da 25 mq di terreno da convertire alla coltivazione del Grano Armando, selezionando direttamente l’agricoltore a cui dare il loro sostegno.
Tutto bello da sentire, tutto condivisibile e virtuoso, ma anche terribilmente a rischio effetto “molto fumo e poco arrosto”, come certi vini del giro “naturale” che si rivelano tanto attraenti sul piano delle premesse quanto deludenti alla prova del bicchiere. Se non fosse che la pasta si rivela effettivamente all’altezza delle ambizioni “etico-ideologiche” di partenza. Da consumatore ventennale dei prodotti Baronia sono convinto che questa è di gran lunga la migliore linea uscita dal pastificio di Flumeri quanto a fibra, tessitura, consistenza, sapore, resa e tenuta in cottura.
In particolare il formato chitarre ha raggiunto a mio avviso uno standard di grande livello e costanza, più volte testato grazie al supporto tecnico di Maria Teresa: zucchine e gamberoni o pomodoro fresco, la prova del piatto non mente mai.
E allora un grande in bocca al lupo alla famiglia De Matteis per un progetto quanto mai coraggioso e meritorio in questi tempi di crisi, con la speranza di vedere realizzato un giorno anche un mio vecchio pallino. Flumeri è nel cuore della Baronia, che con la Valle Ufita e il Formicoso rappresenta l’area a maggiore vocazione granicola della provincia di Avellino: a quando una linea prodotta esclusivamente con materie prime conferite da agricoltori irpini?