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Vini e vinili

Certo, quel rimbrotto che esce dalle casse fa un po’ sorridere pensando alla precisione dei moderni strumenti di riproduzione del suono.

Eppure il giradischi che avevo buttato dalla porta è rientrato dalla finestra, e con lui, uno alla volta, vari dischi in vinile pescati qua e là, venuti a far compagnia a qualche reduce che aveva trovato un nascondiglio di fortuna dentro casa.
Ieri sera primo meetup del nuovo corso. C’era di tutto, da Toquinho a Bimbo Mix. La mia proposta è stata Abbey Road, forse l’ultimo album in studio inciso dai Beatles, nel ’69. L’avevo comprato così, senza un motivo, e dopo un sacco di tempo in veste di soprammobile muto è tornato a suonare.
Quel rimbrotto, il gracchiare provocato dalla puntina che magari incontra un granello di polvere sulla sua strada mi ha fatto pensare a qualche vecchia bottiglia di vino, che ogni tanto capita di stappate.
Come il suono di quei dischi, potrà anche avere delle imprecisioni e magari ad un certo punto si inceppa. Però spesso il risultato d’insieme è emozionante. Sarà il consolatorio ripiegarsi su se stessi dei momenti bui, il riflusso che porta con sé il progresso, non sempre facilmente afferrabile, la nostalgia, la voglia di riprovare una sensazione o, più banalmente, la dilagante moda del vintage.
O forse sarà che non sempre la perfezione è il miglior risultato possibile per esseri imperfetti. Come le acidità sopra le righe di quelle vecchie bottiglie, figlie di uve forse non del tutto mature, un tratto aromatico curioso o dei tannini spigolosi. Un’increspatura, una deviazione illogica e imprevista. Un rimbrotto che esce dalla bottiglia e fa un po’ sorridere.
“Una cosa che ti posso dire è che devi essere libero”. da Come Together, Lennon – McCartney

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