Pensate a una pellicola surrealista e disinvolta, tipo “Focaccia Blues”, icona della Puglia seduta a tavola, ma che quando s’alza corre a gambe levate, facendo di necessità virtù.
L’umbro è capace di regalarsi imprese simili a quella del panificio di Altamura, che fece parlare di sé per aver costretto un grande McDonald’s ad abbassare le saracinesche. Il docufilm di Nico Cirasola portò in Puglia una considerevole ricaduta d’immagine, anche grazie ai divertenti camei di Renzo Arbore, Lino Banfi, Michele Placido e Nicki Vendola, nelle vesti di direttore di una superata sala cinematografica.
Anche gli umbri meritano una pellicola del genere, magari incentrata sulla Rocciata, che rappresenta la loro identità, come la Focaccia rappresenta quella della Puglia. Gli attori non ci mancano. La governatrice Catiuscia Marini potrebbe interpretare il ruolo di una pasticcera, che affonda le mani tra 250 grammi di farina, 50 grammi d’olio, un uovo, un cucchiaio di vino bianco, con l’aggiunta di mele, uva passa, noci sbriciolate, cacao, cannella, alkermes. E mistrà, quanto basta.
Niente di meglio della Rocciata per invitare la gente a ragionare sulla salvaguardia delle identità, del buon vivere e della qualità della vita: peculiarità messe a rischio dalla globalizzazione culturale. Anche noi, per promuoverci, abbiamo bisogno di spazi lirici e (perché no?) comici. L’umbro vive nel centro strategico di un’Italia percepita come veritiera, enogastronomica e rurale. E’ interprete drammatico, suo malgrado, antieroe per necessità, cosa che al turista non dispiace.
Sono molteplici i caratteri umbri picareschi che potrebbero prestarsi a sceneggiature come quella di “Basilicata coast to coast” di Rocco Papaleo, pellicola che ha risanato i bilanci di molte sale cinematografiche. Gli irrisolti strumentisti lucani in essa rappresentati fecero venire voglia a tanti di farsi una bottiglia di Aglianico e di visitare Scanzano Jonico, località prima di allora ignorata dal grande pubblico.
Immaginate quel sagace frequentatore dell’esistenza, che è Vinicio Guasticchi, diretto da Francis F. Coppola o da George Lucas, registi di fama planetaria che si godono l’Umbria dorata dalle loro trasimeniche dimore. Oppure Fabrizio Bracco, Stefano Cimicchi, Peppino Lomurno e Eugenio Guarducci in un cioccotriller (perché dei legal triller giudiziari perugini ne abbiamo piene le tasche) diretto da Terry Gilliam, che vivacchia magnificamente dalle parti di Umbertide.
Gli illustri cineasti che ci siamo accasati potrebbero anche farlo uno sforzetto per la regione che li accoglie. Fece meglio di loro Mario Monicelli, ambientando in Valnerina “L’armata Brancaleone“, cult movie, con protagonista Vittorio Gassman, che negli anni Sessanta rese nota Norcia a quanti ancora in Italia non sapevano cosa fosse una norcineria.
Siparietto. Per uscire dall’anonimato, serve con urgenza un film che indaghi nel cuore di questa regione, la cui anima è spesso ignorata e che ne descriva i luoghi, ne ricostruisca le atmosfere, ne ridefinisca la profonda sincerità, la schiettezza autobiografica delle sue periferie e dei suoi paesi; che traduca senza compiacimenti personali, per i potenziali visitatori di tutto il mondo, l’espressione subliminale e latente, il motivo rivelato del perché l’Umbria porta un sogno dentro di sé.
Se Coppola e Lucas vi sembrano troppo, basterebbe una pellicola, un progettino a mano libera, economico e redditizio, dove l’estremo senso e l’estremo nonsenso potrebbero incontrarsi, fondersi e coalizzarsi contro l’immobilità, comica e lirica, di una terra senza pari. Tutto al prezzo di una Rocciata.