Folgorato anch’io sulla via di riflessioni che non potrei permettermi, voglioso di mettere bocca su uno degli argomenti più cool del momento col classico metodo “un tanto al chilo”, confesso che in tema di biodinamica mi sento più vicino a Podolinsky che a Joly. Ora, nessuna persona sana di mente prenderebbe sul serio questa affermazione, che peraltro suona decisamente sommaria, però l’approccio all’agricoltura del vecchio Alex, di origine russo-ucraina ma alloggiato da anni in Australia, mi pare più razionale e partecipativa di quella del francese, un tantino fideistica per i miei gusti.
Quel che è certo è che la materia è affascinante e che farò di tutto per assistere ad almeno una delle tappe di Podolinsky nel suo prossimo “tour” in Italia.
Rifiondandomi sul bicchiere, materia per me più dolce e familiare, non posso negare una certa incomprensione con i Savennières di Joly degli ultimi anni, dalla fine dei Novanta ai giorni nostri. Quelli cioè che incarnano (o almeno così si dice) con più pregnanza il pensiero di questo personaggio, la sua idea di vino più intima e profonda. Niente a che vedere, sostengono i maggiori conoscitori della Coulée de Serrant, con i vini degli anni Settanta e Ottanta, ancora prodotti dai genitori di Nicolas, e dalla madre in particolare, meno capaci di manifestare quel coinvolgimento emotivo che arriverà solo con la biodinamica e la piena maturità.
Non so, mi ripropongo di continuare l’indagine sulle Coulée del passato e su quelle più recenti, fatto sta che se il vino che ho assaggiato, targato 1980 (manco una delle annate celebrate, anzi…), è da rottamare, beh, mi dichiaro pronto al sacrificio e apro ufficialmente la stagione del baratto con le verioni più recenti che ho in cantina.
Ora, i critici delle vecchie bocce riscontrano in quei bianchi un’acidità sopra le righe e una durezza “violenta”, causa non solo del mancato equilibrio ma persino di una certa incapacità nel trovare complessità e saggezza col tempo.
Beh, sull’acidità e la durezza non ho niente da dire. La Coulée de Serrant 1980 è uno dei vini più tosti, dritti e scontrosi che mi siano capitati sotto il naso. Allo stesso tempo non posso negare che quegli schiaffi mi sono piaciuti, che ho trovato dannatamente intrigante quella veste rigida, e che non sono riuscito a togliere nemmeno per un istante gli occhi da quello sguardo imperturbabile, severo, mai ammiccante.
Perversione? Forse. Resa però comprensibile da un profilo che non si può definire meno che elegante, certo un po’ nordico, ma allo stesso tempo capace di rapire e di farti venire in un batter d’occhio la sindrome di Stoccolma.
Dimostrazione pratica dell’estrema bevibilità de la Coulée 1980