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Le Barbaterre e il Lambrusco umorale

Enologica è fantastica, almeno per i “drogati” di sapori della Romagna e dell’Emilia. Quelli che guardando un mare non limpidissimo immaginano il profumo della saraghina, o che attraversando le nebbie fitte volgono il pensiero agli amati culatelli.

Certo, quest’anno ho avuto un po’ meno libertà d’azione: il Melandri mi ha coinvolto in una sorta di progetto per raccontare gli ospiti e i protagonisti dell’evento. Se volete vedere cosa fa un cretino con un microfono in mano, eccovi serviti.
Comunque, tra una piadina di mora romagnola e l’altra, aspettando le tagliatelle e i tortellini (giusto per non tradire le attese della bilancia che aspettava sghignazzando il mio ritorno) ho avuto modo di sgargarozzare qualche bel vinello, primi tra tutti gli amati Lambrusco.
Sono un fanatico dei Sorbara (ho ritrovato un Paltrinieri in gran forma, ma se non amate i vini che vi prendono a schiaffi tirate dritto), ma stavolta voglio raccontare qualcosa di diverso, che non conoscevo.
Mi hanno colpito i vini de Le Barbaterre, un’aziendina Bio di Bergonzano, nel reggiano, che ha sfornato un Sauvignon Frizzante di gran sapore e tensione, tutto contornato da un corredo agrumato che pare di stare in una limonaia, e un Lambrusco Reggiano (appunto), grasparossa in prevalenza, giocato su profumi di piccoli frutti di bosco, capace di sfumare su toni quasi affumicati, di terra e radici, prima di affogare in una bocca “seria”, umorale, che pare voler uscire dal bicchiere e mettersi a cercare il piatto giusto.
Si trova a circa 330 metri d’altezza, che da quelle parti deve essere considerata alta montagna, nella culla delle così dette Terre Metildiche, caratterizzate da terreni limosi, oltre che da un clima soleggiato e ventilato.
Non so perché, ma da quando l’ho assaggiato mi sono messo a contare i giorni che mi separano dal cotechino di fine anno.

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