Fa sempre un certo effetto sentire uno spagnolo che ti chiede un raton. Ti si drizzano le orecchie, ti guadi intorno e magari scatti in piedi su una sedia. Ma poi pensi che il Tevere o l’Arno sono a distanza di sicurezza e che quel tizio che parla castellano forse non si riferisce a un grosso roditore ma semplicemente ha bisogno di un mouse per il computer.
Scherzi della nazionalizzazione forzata di termini stranieri, che da noi peraltro ha avuto l’apice di popolarità (con tanto di legge ad hoc) durante il ventennio fascista. Niente più barmam che fanno cocktail, servono brandy e preparano sandwich al banco del bar, insomma, ma mescitori in procinto di servire polibibite (ma anche il termine bevanda arlecchia non è niente male), versare acqueviti e preparae dei traidue (poi divenuti tramezzini) in un quisibeve.
Un non so che di ridicolo che, mio malgrado, mi assale quando sento un produttore di bollicine che ha degorgiato o peggio sboccato il suo spumante. Non sono un appassionato di termini stranieri (per favore evitate di dirmi che quella è la location adatta per un evento o che quell’azienda ha un company profile originale…), però credo che a tutto ci sia un limite.
Perdonatemi dunque se parlo di dégorgements tardifs, e non di sboccatura ritardata, per questo Jacquesson 1989, sui lieviti fino al 2004 e non dosato (rieccoci).
Uno Champagne che ha il vantaggio di avere una clamorosa freschezza, considerando l’età (oltre all’annata precoce e matura), che tuttavia ha sviluppato un corredo aromatico complesso, articolato, di grande energia e spessore gustativo, con un nerbo acido ancora sferzante.
Che altro aggiungere? Complimenti alla maison, ops! Volevo dire alla casa…