Vini "ever green": Barolo Borgogno 1961

Nonostate l’apparenza, il mio amico Paolo De Cristofaro, che forse ricorderete per alcuni post apparsi su questi schermi all’epoca dell’ultima glaciazione, è uno che può vantare diverse virtù.

Intanto è riuscito nell’impresa di trovare moglie, e questo dopo che i bookmakers avevano sospeso le scommesse al riguardo, ma soprattutto ha l’incredibile dono di riconoscere alla cieca dei vini che non ha mai assaggiato prima.
Lo so, è un fatto curioso e rarissimo cui io stesso (nonostante lo abbia visto fare più volte) stento a credere. Pensate che un’equipe di scineziati iraniani sta studiando la questione da anni, senza tuttavia averci capito niente ma riuscendo, nei momenti di svago, a dare l’atomica a quel giocherellone del loro presidente.
Per quanto mi riguarda invece, sono lontanissimo dal godere di queste doti taumaturgiche, anche se una volta ho riconosciuto un bicchiere d’acqua Perrier senza che mi venisse mostrata l’etichetta…
E’ con grande sconcerto, mio e degli astanti, dunque, che in una degustazione coperta di svariati Barolo, sono riuscito a beccare quel vino spettacolare che è Borgogno Riserva 1961, per il sottoscritto in una delle sue più grandi interpretazioni (vabbè basta con i tatticismi: è il più grande di sempre).
Non che in altre annate non sia un vino buonissimo, in certi casi emozionante, è solo che questo Borgogno trova veramente la quadratura del cerchio: è la quintessenza del nebbiolo tradizionale senza le piccole increspature (specie sul piano della precisione tannica) denunciate da altre versioni. Un vino ancora lontano dall’intraprendere la  sua parabola discendente (ammesso che mai ci arrivi, a me questo rosso pare immortale), con un’acidità ancora sulle punte e dei profumi sgargianti che lo fanno sembrare di trent’anni più giovane.
La sera che è stato stappato il De Cristofaro non c’era, ma dato che (per quanto ne so) non l’ha mai assaggiato, l’avrebbe senz’altro riconosciuto prima lui…

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