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Fateci caso: un sistema al collasso corre spesso ai ripari con rimedi ridicoli, grotteschi, ovviamente incapaci di risolvere alcunché, tanto per gettare un po’ di fumo negli occhi e apparire vitale; salvo sfociare, ovviamente, in una stucchevole e patetica demagogia.
Succede così che un mondo corrotto e totalmente prono su logiche mafioso-commerciali come quello dell’italico pallone, un tempo capace di smuovere autentiche passioni popolari al solo gracchiare di una radiolina, metta in scena la farsa della prova televisiva per punire le bestemmie in campo (leggina che ha già fatto le prime vittime). Come dimostrazione di doppia morale non si poteva fare di meglio, ma temo che l’ennesimo tentativo di curare il cancro con l’aspirina finirà maluccio.
Comunque, la notizia mi ha fatto sbellicare dalle risate al pensiero di vari siparietti cui ho assistito in anni di frequentazioni campagnole. Ora, non so esattamente come funzionino le cose nel resto del mondo, ma se quella prova televisiva si applicasse tra le vigne di Umbria e Toscana, difficilmente resterebbe in campo qualcuno. Squalifiche di massa, niente potatura né vendemmia, la stessa viticoltura a rischio scomparsa, peggio di quando è arrivata la fillossera.
Da quelle parti la bestemmia è un pezzo fondamentale del corredo lessicale, capace di assumere livelli di elaborazione incredibilmente articolata ed erigersi, in alcuni casi, a vero e proprio genere letterario (seppure orale). Un percorso di elevazione tale da collocare gli improperi umbro-toscani in uno spazio “altro” rispetto a quelli di altre zone; liberandoli, in alcuni casi, dallo stesso giudizio morale valido altrove.
Addirittura svincolandoli, per certi versi, dalla loro etimologica essenza, impossibile da capire senza un’indagine approfondita del rapporto storico di quei luoghi col potere religioso e il divino, che in certi casi fa pensare alle forme solo in apparenza irriguardose e blasfeme, ma semmai dialettiche e sovversive delle poesie in musica di De Andrè.
Alle prese con questi pensieri bizzarri, non so perché la scelta sia ricaduta proprio su quello, ho deciso di stappare un Brunello che puntavo da un po’ di tempo in cantina: Canalicchio Riserva 2001 di Franco Pacenti.
Ne è uscita una bevuta memorabile, capace di farmi dimenticare per un paio d’ore persino gli editoriali di Feltri, le minacce “armate” di La Russa e quelle di sommossa del duo Polverini-Formigoni. Oltre a riconciliarmi con un vino, il Brunello, che ultimamente mi aveva perso un po’ d’appeal. Anche nella celebrata annata 2001 in cui varie etichette, che in alcuni casi mi erano di molto piaciute a suo tempo, ultimamente mi avevano un pò deluso.
Comunque: il Canalicchio del Pacenti Franco è una delle più belle bottiglie che mi siano passate tra le mani ultimamente. Un vino di soddisfazione, anzitutto: caldo, avvolgente e allo stesso tempo dritto, sicuro, coi piedi ben attaccati per terra. Un vino carnale e autentico, come può essere una radiolina gracchiante che annuncia un gol o un urlo contro il cielo di Montalcino.
Quando sei arrabbiato, conta fino a quattro; quando sei molto arrabbiato, bestemmia
Mark Twain, Wilson lo Zuccone, 1894
Io tutto, io niente, io stronzo, io ubriacone, io poeta, io buffone, io anarchico, io fascista, io ricco, io senza soldi, io radicale, io diverso ed io uguale, negro, ebreo, comunista! Io frocio, io perché canto so imbarcare, io falso, io vero, io genio, io cretino, io solo qui alle quattro del mattino, l’angoscia e un po’ di vino, voglia di bestemmiare!
Francesco Guccini, L’avvelenata, 1976