Il serpente di Natale


Ah, il Natale. Non trovate che sia la sintesi perfetta dei nostri tempi, la punta dell’iceberg di un’ipocrisia ampiamente sopra i livelli di guardia?

Tranquilli tranquilli, non voglio rovinare le feste a nessuno, dunque mi limiterò a eccepire solo alcuni dettagli assolutamente insignificanti, marginali, trascurabili, insomma in linea con lo stile di questo sito, al solo scopo di non finire tra i nemici della patria o i seminatori d’odio che inquinano l’infinito amore governativo. E soprattutto per cazzeggiare un po’.
Allora il Natale sarebbe la festa tradizionale per eccellenza, anche a tavola. Allora la tavola dovrebbe regalare i piatti e i prodotti che hanno segnato la storia di un territorio, una regione, una città, un quartiere, un paese, una famiglia. Perché se tipico non fa rima con topico (del posto) di che cavolo di tradizione stiamo parlando?
Dunque, se la tradizione è questa, e il tipico in quanto originale è il baluardo contro l’omologazione, il mio teorema sostiene che il Natale non può essere considerata una festa gastronomicamente tradizionale per tanti motivi, e volendo limitare la riflessione ai soli dolci dico che la colpa è principalmente di panettoni e pandori. Sono loro e i loro artefici i grandi omologatori.
Uvette e canditi come barrique e merlot, è ora di dirlo. E infatti anche merlot e barrique in certe zone sono la tradizione, guarda un po’ come va il mondo. Dunque va bene pandoro e panettone a nord del Po, come merlot e barrique nel Pomerol, sulla riva destra della Dordogna, ma attenti alla panettonizzazione di Natale che ha colpito le tavole e a pensarci bene anche i cinema del paese.

Veniamo agli antidoti allora. Il mio dolce di Natale si chiama Torciglione ed è una sorta di serpente di pasta di mandorle tipico di Perugia e dell’area etrusca dell’Umbria. Serpente e mandorla sono infatti due simboli totemici della zona, che sottendono al mito di Agdistis, figlio di Giove (Zeus) e di Gaia (Terra), ma anche di Mercurio (Ermes), dio dell’astuzia, della saggezza e della cultura, traghettatore delle anime dei morti. Ecco perché questo dolce curioso è uno dei simboli gastronomici del Natale dalle mie parti (nella zona del lago Trasimeno il serpente diventa anguilla). Ma la forma del serpente, la spirale che disegna, fissa l’attenzione anche sulla ciclicità del tempo, sull’anno che finisce e che ricomincia, in un continuum spazio- temporale di straodinaria suggestione.

La ricetta per 3 torciglioni, dagli appunti di mia nonna Clara:

825 grammi di mandorle dolci
175 grammi di mandorle amare
700 grammi di zucchero
25 grammi di zucchero vanigliato
6 cucchiai di farina
7 albumi e 3 rossi d’uovo
qualche candito, confetto e chicco di caffè
Mettete le mandorle tritate in una ciotola, unendo mano a mano lo zucchero e gli albumi d’uovo (la variante di mia nonna prevede anche i rossi, decidete voi). Quindi impastate fino a quando il composto non risulti ben omogeneo. A questo punto prendete la pasta e posatela sulla spianatoia, creando una forma di serpente arrotolato (a spirale). Decorate il corpo con mandorle, canditi e chicchi di caffè (gli occhi) e cuocetelo in una teglia ben unta a 180° per 30 – 40 minuti
E voi, avete dolci natalizi da suggerire?
PS: Per quelli che malauguratamente si sono incagliati per la prima volta su questo sito, tengo a sottolineare il carattere faceto del testo. Il sottoscritto non ha niente contro il panettone, ne i prodotti che arrivano da chissà dove. Anzi, memore degli sproloqui ministeriali dello scorso fine anno, e visto che l’agricolo e nordico Ministro sarà presto di nuovo impegnato nell’entusiasmante ed esclusivo abbinamento tra radicchio e prosecco, ho provveduto per tempo a ordinare chili di ananas per le feste. Inoltre il mio pranzo di natale, che culminerà col Torciglione, prevede cous cous di cappelletti e kebab di galantina.

Qualsiasi cosa mangiate o beviate, buone feste

La vetrina di Sandri, pasticceria storica nel cuore di Perugia

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