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Manuale di sopravvivenza del mangiatore etnico: l'uso delle bacchette


Prima era roba da grandi città ma oggi uno straccio di ristorante “etnico” se lo possono permettere tutti.  Certo, il livello della scelta e l’autenticità dello stile è un’altro paio di maniche ma se siete stati avvelenati anche voi da chili di involtini primavera e gelato fritto di dubbia provenienza c’è poco da fare gli schizzinosi.

Comunque, frequentare questo tipo di locale (camicie verdi permettendo) che raggiungono in alcuni casi vette assolute e uno stile sempre più sofisticato, è considerato dai più anche un chiaro indicatore di appartenenza.
Se il sushi è già demodè, torna prepotentemente di moda il cinese autentico e impazzano le diverse cucine africane e gli oriental meno scontati. Non c’è verso, per essere veramente figo, a tua agio in una società sempre più dinamica e realmente protagonista del tuo tempo devi palleggiare le cucine del mondo e frequentare i ristoranti etnici.
E infatti in questi posti, che pure mi divertono molto, sono un autentico fuoriclasse di goffaggine, con derive tragicomiche che la dicono lunga sulla sicurezza e l’intraprendenza con cui vado incontro alla vita.
Voglio essere franco, mi bastano un paio di banali bacchette per andare in crisi ed ecco perché non passa giorno in cui non cerchi il modo di utilizzare quelle diavolerie in maniera meno maldestra, sperimentando nuove tecniche, stili o formule di approccio.
Ecco un paio di soluzioni (non esattamente ortodosse) ideate da altrettanti amici, che ho potuto documentare personalmente…
Della serie: “toglietemi tutto, ma non la mia forchetta…”

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