Scroll Top

[Dai Social] La Capanna di Eraclio, Codigoro (FE) | Piatti e bottiglie


“Costoso” e “caro” non sono affatto sinonimi. E il primo esempio che mi viene in mente per spiegare il concetto è un’escursione a La Capanna di Eraclio.

Una delle grandi tavole italiane, non riconducibile ad alcun tag pronto all’uso, del tipo #tradizionale #creativo #gourmet #classico #contemporaneo eccetera. Un indirizzo fuori dal tempo e dallo spazio, esattamente come la zona con cui si fonde: Delta del Po-Valli di Comacchio, la nostra Louisiana, dove Sorrentino avrebbe ambientato al 100,% la sua prima stagione di True Detective.


Le mie foto sono come sempre oscene, ma meno dannose e depistanti di altre volte. Perché la cucina di Maria Grazia Soncini non ha certo la “instagrammibilità” come preoccupazione prioritaria. È più di tutto cucina di materia prima, trattamento, cura; la Stella Michelin di lunga data dice chiaro e tondo che c’è speranza, che si può accedere alla Champions anche giocando questa partita qui, senza effetti speciali, piripicchi e wahrolismi.


Del resto, a cosa servono food designer, pubbliche relazioni e supercazzole quando sai di portare in tavola granseole, moeche, branzini fritti interi, pernici ripiene di foie gras e zabaioni che da soli valgono il viaggio? E a maggior ragione potendo contare su una sala che aiuta gli ospiti ad amplificare ulteriormente godimento e benessere?


La Capanna di Eraclio – Codigoro (FE): i 170 euro meglio spesi degli ultimi anni.


Le mirabolanti prebende de La Capanna, naturalmente, non sono state accompagnate soltanto da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno. Nella fattispecie:

Dom Pérignon 2002
Sappiamo bene quanto possa essere culone e barocco in certe annate, stavolta no: uno migliori Dom dell’era recente.

Krug Grande Cuvée 170ème Édition (base 2014)
Stile quasi opposto al Dom, ancora tanto sull’agrume chiaro e sul martello verticale. Il controcanto più dolcemente complesso arriverà col tempo, ma è già una versione che continua a piacermi parecchio.

Trebbiano d’Abruzzo 2010 | Valentini
Bottiglia proprio no, peccato.

Coume Gineste 2009 | Gauby
Bottiglia ni, specie al naso (tutto su timbri di Idea Bellezza e Acqua & Sapone); meglio la bocca, seppur mancante di quella ferocia rocciosa delle migliori bottiglie/versioni.


Les Preuses 2014 | Dauvissat
La Borgogna bianca nordica che vorremmo bere più spesso – per la verve leggiadra marina – ma non ai prezzi attuali.

Côte de Beaune Blanc Les Clos des Topes Bizot 2019 | Chantal Lescure
La Borgogna bianca classica che non vorremmo bere mai, nemmeno a tre euro.

Iris Cantillon
Il gioco di abbinamento con l’anguilla aròst in umad ha funzionato bene, ma è una Cantillon di alto livello a prescindere.

Tondonia Gran Reserva Rosado 2010 | Lopez de Heredia
Anche qui gioco abbinamento sostanzialmente riuscito: ancora troppo giovane, ma non sprovvisto di grazia e stratificazione.


Chambertin 2020 | Armand Rousseau
L’avremo anche stappato con 30 anni di anticipo, ma alla cieca nessuno – nemmeno Houdini, nemmeno Gardini – avrebbe detto pinot nero, men che meno Borgogna, Chambertin o Rousseau, a partire da un colore da Languedoc. Ma va tutto bene.

Château Montrose 1983
Naso inaffrontabile di cozze e risacca, fortuna che la bocca setosa e salata alla fine lo fa scolare con molto piacere.

Amarone Monte Lodoletta 2013 | Dal Forno
Versione assai meno caterpillar dei ricordi, anzi decisamente succosa e bilanciata, benissimo con la pernice.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.