Se ci convinciamo sempre di più – in ottima compagnia – del fatto che le varietà e le zone mediterranee si stiano in diversi casi adattando meglio di quelle “continentali” ai cambiamenti agro-climatici in corso, molto c’entrano le tante bottiglie di Antonio Camillo stappate in questi anni.
Detto e stradetto: i suoi Ciliegiolo ridefiniscono il concetto di vino gastronomico gustoso slurp, antidoto perfetto alla “sindrome del bevitore stanco ©”, dribblando ogni scorciatoia glùglù e portandosi sempre dietro in viaggio la roulotte carica di sole, vento e sapore.
La nuova triade del progetto “Elegia Mediterranea” è però qualcosa, anzi molto, di più. Per l’idea di agricoltura che c’è dietro, certo, per come arricchisce la Maremma nel suo legame con vitigni che suonano mille dialetti sparpagliati tra Sardegna, Francia Meridionale e Spagna Orientale. Ma soprattutto perché sono vini che appoggiano quella proverbiale golosità su strati aggiuntivi di ampiezza, profondità, fibra, forza, espansione, senza smarrire un microgrammo di souplesse e dinamismo.
Specie il Tinto di Spagna 2021 (grenache), il fuoriclasse del gruppo, là dove il Mediterraneo 2023 (50 ciliegiolo 35 grenache 15 carignano) è maggiormente concavo al momento, per gioventù più che per semplicità, mentre il Grané 2021 (carignano) è quello per ora più ombroso e appuntito, ma non meno affascinante: un Saint-Joseph che ha fatto casa famiglia sulla spiaggia.
Meglio diventare noiosi a furia di ripetersi piuttosto che inventare per fare gli originaloni ad ogni costo: sì, proprio si, come il Bologna e l’Atalanta, i vini di Antonio Camillo meritano in tutto e per tutto di rappresentare l’Italia nella Champions League del Vino Europeo, oggi più che mai.