Il mio rapporto con l’Aglianico si è sempre più complicato col passare del tempo, per due ordini di ragioni.
Da una parte avrei proprio bisogno di un aggeggio che cancelli la memoria, tipo quello di Eternal Sunshine of the Spotless Mind, così non ricorderei tutti quei vecchi Taurasi di Mastroberardino o Taburno di Fontanavecchia o Vulture di Paternoster e D’Angelo che inevitabilmente condizionano sensazioni e letture.
Dall’altra il mio disorientamento da bevitore si è fatto quasi ingestibile, sia nell’individuare gli interpreti più costanti di oggi, sia nel trovare un senso alle mie stesse impressioni. Tipo ristappare dopo qualche mese-anno il medesimo vino e passare dal “mi piace assai” a “non ne berrei mezzo bicchiere” (o viceversa). Capita anche per molti altri vini-vitigni, ma i salti quantici che sperimento sull’Aglianico in base a fase, contesto, compagnia, mio umore, tavola, non si manifestano da nessun’altra parte con questa violenza.
Tra le pochissime certezze in questo caos produttivo e interpretativo, ci sono per me i vini di Basilisco post 2010-2011. In primis perché declinano un percorso stilistico riconoscibile, al di là della singola bottiglia più o meno performante. Anche quando, come in questo caso, il disegno è più ombroso che luminescente (specie se paragonato al Fontanelle pari annata) e le sfumature più affascinanti terrose, silvestri e speziate si colgono a 24-48 ore dall’apertura.
Il punto fermo è nella trama, là dove si gioca la partita dell’Aglianico contemporaneo. Perché, come diceva, il professore Dubourdieu: quando hai dubbi, concentrati sulla grana del tannino, “il tannino non mente mai”.
Lo so che nel mondo reale non stiamo lì a fare il collutorio col vino, ci mancherebbe. Però questa tessitura, secondo me, regala parecchio conforto anche al bevitore distratto. Secondo me non se ne parla abbastanza, di quanto faccia la differenza un tannino gentile: certo non è social, fa subito tecnicismo di pallosa agroenologia, ma allora troviamogli un altro nome più friendly e più inclusivo.
E mentre ci organizziamo, io dico: viva i tannini di Cruà* 2016!
- Da Piano di Croce, IGA dei comuni di Rapolla e Barile.