
Ghirada Dighidilisi. Ocruarana. Tutturighe. Palagorrai. Diciamo che la facilità di pronuncia e le scorciatoie nella penetrazione dei mercati internazionali (ma anche su quello continentale) non è la priorità dei vignaioli che fanno Cannonau a Mamoiada, località pazzesca nel cuore della Sardegna.
Comincio con una battuta di alleggerimento, dato che il rischio di venire trascinati nelle viscere della terra e della storia, con le conseguenti retoriche narrative, è maledettamente forte da quelle parti e io cerco di tenermene alla larga.
Passo indietro e chiarimenti. L’approfondimento, dopo il primo giro sul campo di due anni, arriva attraverso Mamojada Vives 2023 (Aprile) e si completa con vari assaggi fatti nelle scorse settimane. L’associazione Mamoja, che organizza l’evento, unisce viticoltori e produttori della zona in una specie di missione che va ben oltre la promozione dei vini, ma si occupa di tradizioni, paesaggio, sostenibilità. Di territorio, insomma, nella sua accezione più profonda.
Oggi i soci sono 70 e le cantine 22. Nel 2015, prima della sua nascita, gli imbottigliatori erano 3 in tutto, a fronte dei 33 di oggi (ma il numero cambia di continuo e potrebbe essere già diverso). La superficie vitata coperta si aggira intorno ai 350 ettari per una produzione annua di circa 400mila bottiglie. Ancora: gli abitanti del comune sono circa 2.500. Se consideriamo anche le cantine casalinghe, che producono vino per autoconsumo (diciamo così), arriviamo a 200 realtà. Capito? Quasi un abitante su 10 fa vino, con una percentuale ancora più impressionate se consideriamo le famiglie nel loro complesso. Facile dedurre come la vigna e i suoi frutti facciano parte di tradizioni particolarmente radicate, in zona. Secondo l’amico e collega Dario Cappelloni, che indaga da tempo e conosce minuziosamente la zona: «qui si producono i migliori vini sfusi d’Italia».

Alcune Ghiradas viste dall’alto
Il paesaggio è bellissimo e ancestrale. Si arriva e si supera comodamente la soglia dei 700 metri d’altitudine, con le conseguenti e immaginabili escursioni termiche tra giorno e notte. I terreni derivano dal disfacimento dei graniti e in alcune zone c’è una buona presenza di sabbia; in generale l’argilla è poca. Il vitigno largamente dominante è il cannonau, che occupa il 95% della superficie, ma la bianca granazza avanza. La forma di allevamento tradizionale è l’alberello e le rese delle vigne più vecchie (ultracentenarie) sono ridicole (circa 20 quintali per ettaro). In questi casi, non è raro veder lavorare la terra con i buoi e, in generale, è grande l’attenzione ad un’agricoltura quanto più sostenibile possibile (per motivi storico–culturali, oltre che per le stringenti tematiche moderne). Per farlo al meglio è stato avviato un progetto di collaborazione con l’agronomo Ruggero Mazzilli e un censimento preciso dei vigneti. Vedremo.
Prima di passare ai vini che più ci sono piaciuti, qualche nota a margine in ordine sparso:
– Il Cannonau quassù ha intensità e finezza, trovando un equilibrio tutto suo che nasconde il rilevante grado alcolico; sa di agrume, in particolare di arancia rossa.
– La battaglia contro la DOC Cannonau di Sardegna, o almeno contro un’unica DOC regionale che funge da cappello a tutte le zone, ha qui i suoi più agguerriti soldati. In questo momento alcuni rinunciano alla denominazione, declassando i propri vini a IGT, nella speranza di averne una propria in futuro. Percorso difficile. E se invece si istituissero delle specie di lieu-dit alla DOC esistente? La discussione è aperta.
– La Granazza è in una fase di studio, o almeno così pare, tanto che è difficile trovare un filo conduttore. La sensazione è che possa comunque dare buoni risultati e formare un bel duo col Cannonau.
– A Mamoiada le vigne sono qualcosa di così intimo che difficilmente vengono affittate. Al limite gli anziani le danno in gestione, in cambio di uva o vino.
– Come tutti sanno, Mamoiada è famosa per il suo carnevale e i Mamuthones. Il Museo della maschera mediterranea è una meta che sta aiutando la vocazione turistica della zona, insieme al vino e a una ristorazione che cresce.
– Un paio di posti per mangiare che conosciamo: Su Tapiu e Abbamele Osteria di Mauro Laudo e family.

Altra specifica. Nella lista che segue ci sono solo i vini dell’Associazione Mamoja, frutto della ricognizione più approfondita. Restano comunque imprescindibili, per capire la zona, le imprese di Giovanni Montisci e Luca Gungui. Tra le novità micro-artigiane segnatevi invece Pasquale Bonamici (tutti e tre i produttori fanno parte dell’Associazione Vignaioli in Mamoiada). Ancora: ci sono solo Cannonau, mentre rimandiamo a un periodo di maggiore consapevolezza stilistica la ricognizione su Granazza e vini rosati.

Immagine di Mamuthones
I VINI:
Vike Vike | Cannonau di Sardegna Ghirada Fittiloghe 2020
Nella proliferazione di marchi della famiglia Sedilesu, e di Mamoiada in genere, quello di Simone merita il circoletto rosso. Per chi ama vini eleganti, capaci di elevare ai massimi livelli di finezza il tratto mediterraneo della zona, questa è la porta a cui bussare. Tra le etichette, ci sarebbe da citare Istevene ’20, complesso, fitto, di grande potenzialità, ma il colpo di fulmine arriva dalla più semplice (in apparenza) Ghirada Fittiloghe ’20. Scarico di colore, finissimo nelle incursioni agrumate, trova piacevoli pennellate sweet and sour, di piccoli frutti di bosco e arbusti. Una delizia.
Esole | Ghirada Garaunele A 2022
La cantina di Federica Dessolis e di suo fratello Francesco è tra i nomi da segnare in agenda sotto la voce “futuro”. Tornata alla base dopo la laurea e varie esperienze di altissimo livello: in Loira, in Rodano e in Borgogna, dove ha frequentato il corso di enologia a Digione, lavorato da Vincent Girardin e di seguito alla Romanée Conti (che le aveva anche offerto la possibilità di restare), Federica si è subito distinta con i primi vini realizzati in proprio. Dalle vigne più giovani (A), un Cannonau raffinato, intenso nella delicatezza dei tratti, di profondità mai ingombrante. La sosta in bottiglia aiuterà a sistemare qualche minima increspatura.
Mulargiu | Cannonau di Sardegna Malarthana 2021
I protagonisti sono Francesco Mulargiu e sua moglie Marta, con i fratelli di lui Emanuele e Davide. Fare Cannonau a Mamoiada deve scorrere nelle vene di famiglia, visto che anche i genitori, Emilio Mulargiu e Antonietta Sedilesu, hanno maneggiato la faccenda ad alti livelli nella cantina di riferimento della zona. Malarthana ’21 ha impalcatura fruttata variopinta, tra note dolci e amarognole che sfociano nella liquirizia. Vino giocato su finezza, eleganza e carattere. Davvero buonissimo.
Francesco Cadinu | Cannonau di Sardegna Ghirada Fittiloghe 2021
Quelle di Francesco Cadinu sono tra le interpretazioni più raffinate e promettenti di Mamoiada. Fittiloghe ha colore scarico e brillante, naso finemente mediterraneo, con dettagli e sfumature non comuni. La bocca sa unire in maniera straordinaria carica fruttata, potenza, variazioni aromatiche e tensione acida. Vino carezzevole ma tonico, è chiuso da un piacevole ricordo di buccia d’arancia sul camino.
Osvaldo Soddu | Cannonau di Sardegna Brulleri Riserva Brunco Boeli 2020
Personaggio gentile quanto determinato, Osvaldo Soddu sta trovando pian piano una sua strada e scala posizioni nelle gerarchie mamoiadine. La cantina si trova in una bella zona e la sala degustazione “estiva” è costruita sopra un albero. Ma ora il vino, che ci pare il più buono fatto fino ad ora da Osvaldo. Brulleri Riserva Brunco Boeli ’20 ha definizione, espressività e un sorso delicato per i parametri della varietà. Forse meno complesso di altre versioni, ma certamente elegante e femminile (se ci passate il termine).
Vinzas Artas | Nigheddu 2021
La cantina di Giorgio Gaia e Piercarlo Sotgiu vendeva vini sfusi, come tutti; oggi è tra gli interpreti più brillanti della new wave del Cannonau di Mamoiada. Nigheddu è realizzato con un mix delle uve provenienti dai diversi vigneti di proprietà e maturato per un anno in botte. A dispetto del nome (nigheddu sta per nero), è un rosso di chiara intensità. Il naso, fine e fitto, tra fruttini neri e mandorle, apre la scena a una bocca tesa e saporita nonostante un tannino finale lievemente rasposo.
Antonio Mele – Ghirada Basarule 2021
“Su Hastru e Su Orvu” è il nome della zona in cui si trova la vigna. Letteralmente: fortezza del Corvo, ispirazione del logo aziendale. Si colloca al di sopra dei 650 metri sul livello del mare ed è esposta a nord–est, con bel patrimonio di vecchi e nuovi impianti. La cantina si trova invece in paese, in una ex sala da ballo degli anni ‘70. Basarule ’21 è un rosso originalissimo che mette in scena aromi intensi, quasi di vermut: tante cortecce, frutta matura, spezie e radici, in una bocca tuttavia finissima, delicata e lunga.
Gianfranco Siotto – Tzappu 2021
Gianfranco Siotto non ci ha girato intorno, tirando fuori per il suo vino un nome che più diretto e legato all’agricoltura manuale di Mamoiada non si può. Marino e terragno al tempo stesso, maledettamente mediterraneo nei profumi di macchia, radici e arancia rossa, Tzappu trova in bocca gran sapore, profondità e succo. Lieve chiosa alcolica finale che il tripudio fruttato contiene bene.
Sannas – Cannonau di Sardegna Bobotti 2021
Impossibile descrivere Piergraziano Sanna in poche righe, e forse anche in tante. Meglio andare dritti ai vini (che lui stappa con un coltello, per dire) e hanno un po’ il suo carattere enigmatico, potente, capace di trovare un qualche equilibrio negli eccessi. Bobotti è fatto con le vigne giovani (da non confondere con Bobotti +). Considerando lo stile, un vino dettagliato: più boschivo e silvestre al naso, ricco di spezie dolci (cannella) e frutta matura in bocca (che forse conserva un po’ di zucchero).
Teularju – Ocruarana 2022
Condotta da Francesco Sedilesu (forse il nome più importante per visione e carisma tra i vignaioli di Mamoiada), insieme a Rosa Muggittu e i loro figli, Teularju è di diretto nel lotto delle nuove realtà da tenere d’occhio. Ocruarana ha colore delicato e brillante, veste aromatica composta da fiori, erbe spontanee e arbusti, sorso leggero e verticale, con tannino appena crudo.
