
La nostra intelligence era in possesso delle informazioni chiave da settimane. Per una specie di galanteria vecchia maniera, però, abbiamo preferito tacere, mordendoci la lingua e rinunciando allo sgooop.
Ora è ufficiale: Gianluca Gorini, uno dei giovani cuochi più talentuosi e originali in circolazione, ha lasciato il ristorante Le Giare del patron Claudio Amadori.
Storia simile, anche negli interpreti, a quella di Parini e Fausto Fratti al Povero Diavolo, il cui sodalizio si è sciolto una manciata di mesi fa. Mettendo insieme le due faccende, verrebbe da pensare ad una specie di 11 settembre dell’alta ristorazione di Romagna, con due torri quasi gemelle abbattute e tante macerie sulle quali sarà impegnativo ricostruire.
Ora, ci sarebbe materiale per un post che scruta il futuro nello specifico. Dove finiranno a cucinare Parini e Gorini? Apriranno attività tutte loro? Le Giare ripartirà con altri protagonisti ai fornelli? Possibile che, come qualcuno vocifera, ci sia addirittura un clamoroso incrocio tra le due storie?
Al momento, tuttavia, preferisco recuperare delle considerazioni generali, già pubblicate dopo il caso Parini, che a me pare siano di stringente attualità. E così faccio.
Il mondo del lavoro è in divenire, molto fluido rispetto al passato; pensare che qualcuno passi tutta la sua vita in un posto è ridicolo, figuriamoci se si tratta di un cuoco brillante. I cambi di maglia sono sempre più frequenti, anche se non ti chiami Higuain, ed è giusto che ognuno faccia delle scelte e segua le sue legittime ambizioni.
Che fare, allora? Se avete deciso di aprire un ristorante, propongo una di queste 5 soluzioni:
1) Siete lo chef patron. Nessun problema, dunque, fate solo attenzione a scegliervi la moglie o il marito giusto e non litigate col vostro stesso cervello. La sorte del locale dipende da voi.
2) Se avete scelto un cuoco che vi piace da morire e su cui puntate ciecamente, cercate di ancorarlo alle fortune del ristorante. Una piccola quota sociale, dei premi al raggiungimento di certi obiettivi, una parte di guadagno variabile, agganciato al fatturato dell’attività, potrebbero essere questioni di cui discutere col vostro consulente del lavoro.
3) Fate dei piani quinquennali con i vostri collaboratori. Suona un po’ sovietica come misura ma, in un momento storico in cui le programmazioni di medio-lungo periodo paiono fantascienza, pianificare l’attività può servire a tracciare un percorso chiaro e condiviso. In questa maniera si eviterà di fare investimenti inutili, scelte incoerenti con l’andamento dell’impresa e, peggio ancora, con la visione dei singoli elementi del gruppo.
4) Cercate di avviare un locale in cui sia determinante la squadra e non il singolo. Nessuna stella o prima donna, per quanto possibile, ma un collettivo che renda intercambiabili ed eventualmente sostituibili gli elementi. In questo caso puntare sui giovani è d’obbligo. Non è facile, ci vuole fiuto, ma può regalare grandi soddisfazioni.
5) Costruire un locale che faccia del turn over la sua filosofia. Simile al punto precedente ma ancor più sistematico nel ricambio ai fornelli. La missione sarà quella di costruire le stelle di domani, lanciando giovani cuochi e cambiando periodicamente l’impostazione stilistica della cucina. Insomma, trasformate le criticità in vantaggi. Con una buona organizzazione e la comunicazione giusta eviterete l’effetto assuefazione del personale e quello noia dei clienti. Con un po’ di fortuna, potreste costruire la Cantera della ristorazione italiana.