Anche se sono sensibilmente più alto, giovane e bello, invidio molte doti a Giovanni Ascione.
“Uno di quelli che ce l’hanno scritta in fronte, la marcia in più che hanno ricevuto in dono – come ha scritto Paolo su questi schermi tempo fa – uno di quelli per cui non basta una vita a imboccare tutte le strade fatte apposta per esaltare il loro talento.” Manager, sommelier, enciclopedia vivente del vino mondiale, narratore e firma di alcuni articoli impareggiabili e oggi vigneron di successo con il progetto Nanni Copè.
Pensavo a questo durante la bella degustazione che ho avuto il piacere di condurre qualche settimana fa, nel suggestivo caveau dell’Enoteca Penati di Oggiono. Non poteva essere altrimenti. I bicchieri di Palette Blanc Chateau Simone che si succedevano uno dietro l’altro non facevano che riportare alla mente le sue parole, impresse in un bellissimo articolo comparso su un numero di Bibenda dei tempi d’oro.
Non nego di essermi abbeverato a quel testo e di aver usato molto di quello che ci ha detto Giovanni per cercare di estrapolare al meglio il senso dei vini firmati Chateau Simone. Che per il sottoscritto siedono al tavolo dei grandi di Francia; tra quelli che porterei senza pensarci, qualora mi chiedessero un percorso del meglio che la nazione può offrire, territorio per territorio. Altro che periferia, scoperte e new wave del vino sudista, qui c‘è sangue blu.
Siamo a Meyreuil, non lontano da Aix-en-Provence. La famiglia Rougier gestisce il suo enclave, è il caso di dirlo, da qualcosa come duecento anni. L’isolamento è garantito dai boschi che circondano la proprietà, i ventitré ettari di vigna e la villa padronale che li domina.
Tante, anzi tantissime, come sempre accade avvicinandosi al Mediterraneo, le uve coltivate. Grenache, mourvèdre e cinsault per i rossi; ma anche syrah, monosquin, castet, carignan, cabernet. Tra le bianche domina invece la clairette, seguita da grenache bianca, bourboulenc, ugni blanc e muscat. Uve che servono poco o niente a comprendere la grandezza dei vini del domaine, capaci di risultati insignificanti altrove quanto magici nel posto e col manico giusto.
L’esposizione a nord, con la già citata componente boschiva che protegge dai venti, è una delle chiavi di lettura necessarie. Con essa i suoli calcarei e poco argillosi, pietrosi e ricchi di fossili. E le piante vecchissime coltivate ad alberello (gobelet), ovviamente.
I vini affinano in ambienti e cunicoli scavati nella roccia mentre la vinificazione è semplice quanto rigorosa. Solo lieviti indigeni, passaggi in vasche di cemento, vecchie botti grandi e barrique. Con le ovvie variazioni sul tema a seconda che si parli di bianco, rosso o rosato. Tutte della denominazione Palette, AOC minuscola, di appena 45 ettari in tutto.
Sono letteralmente innamorato di questi vini, frequentando regolarmente il rosé (non ne conosco uno migliore) e il bianco, mentre devo ancora entrare in piena empatia con il rosso. Inoltre l’etichetta è tra le più belle al mondo. Comincio a divagare dunque basta, ecco qualche nota sui vini assaggiati:
La degustazione:
L’assaggio conferma le attese su tutti i fronti. I vini dello Chateau non solo possono ma devono invecchiare per essere apprezzati al meglio, evidenziando un carattere che incrocia la timbrica mediterranea con una finezza che ha pochi eguali a queste latitudini. Il tratto orizzontale, l’acidità non certo imperiosa e la spalla salmastra sono elementi parziali che non bastano a raccontare l’essenza di questi vini. C’è qualcosa di difficilmente spiegabile che lega l’intensità e la materia con la finezza degli aromi e la grazia della tessitura, restituendo un quadro sempre in equilibrio e capace di sbocciare nel tempo. A dispetto dei luoghi comuni e delle facili formulette.
Chateau Simone Palette Blanc 2010
Annata particolarmente disomogenea dal punto di vista dei risultati e vino che nel bicchiere diverte ma non impressiona. Ha tessitura fine ma sembra mancare un po’ di struttura, specialmente a centro bocca, e il finale ha una nota amaricante di mandorla fresca e buccia di limone. Già leggibili e puliti i profumi ma anche qui l’intensità non è quella delle grandi versioni: bacca di vaniglia, fiori d’arancio, venature vagamente iodate. ***
Chateau Simone Palette Blanc 2007
L’annata calda, celebrata per i vini rossi, regala un colore più scuro con evidenti striature ambrate. Il naso ne è una prosecuzione fedele: apre su ricordi di cotogna, vira su cenni di noisette e chiude su una sensazione affumicata. La bocca è asciutta, secca, coerente e mai troppo amara. Chiama piatti solidi. **
Chateau Simone Palette Blanc 2004
Colore brillante, giallo intenso con qualche venatura verde. Naso subito sgargiante e intenso dove i lampi floreali, di frutta gialla e agrumi armonizzano le sensazioni più dolci e burrose. Bocca potente, di grassezza non eccessiva né stucchevole, con un finale speziato appena percettibile quanto importante. ****
Chateau Simone Palette Blanc 1998
Il balletto tra vini freschi e ossidativi continua. Il colore è di nuovo tendente all’ambra e anche i profumi sembrano meno reattivi e sfumati. Domina un tratto torbato deciso che fa pensare a qualche whisky delle Higland, accompagnato da sensazioni saline che sfumano in un curioso cenno di cappero. Bocca di struttura e lunghezza, con richiamo di datteri e finale secco, quasi da jerez. Intrigante e perfetto per piatti grassi a base di pesce d’acqua dolce. ***
Chateau Simone Palette Blanc 1995
Vino fantastico in tutto e per tutto. I profumi rapiscono in un vortice di sensazioni che vanno dalla violetta alla rosa, dal baccello di vaniglia alla noce moscata, fino ad un’interminabile quanto elegante sfumature coloniale. Sorso di pari livello: salino, perfetto nell’apporto materico, agile nella bevuta e dinamico, di gran persistenza. *****
Chiudo con due vini che non erano presenti alla degustazione ma che ho bevuto di recente, provenienti dalla mia cantina:
Chateau Simone Palette Blanc 2012
Vino già perfettamente leggibile e in equilibrio, splendido nel gioco floreale – fruttato, con resine e richiami boschivi. Se fosse un colore sarebbe il verde scuro e una stagione l’autunno. La bocca è quasi salata, tanto da far pensare a preparazioni in salamoia, polposa e molto gustosa. La lunghezza è notevole e la componente tostata in equilibrio, almeno rispetto a ad altre annate assaggiate in questa fase. *****
Chateau Simone Palette Blanc 1993
Colore di impressionante gioventù e profumi freschi di fiori di campo, erbe officinali e agrumi. Bocca di media concentrazione ma di gran finezza. Ha sapore e impronta salmastra meno evidente di altre versioni ma il succo diverte e coinvolge. Finisce lievemente amarognolo ma a tavola ci sa stare eccome. ****