
Essere aggiunti in un nuovo gruppo, da WhatsApp e Facebook a scendere, provoca ormai la stessa reazione dell’invito a cena di un vecchio amico divenuto astemio e vegano in un colpo solo.
Non sono molte le comunità virtuali veramente interessanti, per non dire delle decine di iniziative strampalate che sottendono interessi personali o meri fini commerciali; o quelle in cui si viene catapultati in discussioni di cui non ci importa una cippa. Se state progettando un gruppo in cui si discute di come rompersi l’osso del collo in bicicletta, per dire, potete evitare di inserire il sottoscritto ma buttate dentro senza indugi il Santini. Sia mai che si possa raggiungere lo scopo.
Ecco perché ho tremato al drillo del telefonino che annunciava l’ennesima community, sovvertendo però l’umore alla lettura del primo messaggio:
Buonasera a tutti, perdonatemi se vi scrivo di sabato pomeriggio, approfitto di un momento di tranquillità per farvi una proposta indecente. L’idea è nata la settimana scorsa a Montevertine, parlando con Gionni, Liviana e Martino: verticale completa di Cannaio da farsi presso di noi, al To Wine a Prato.
A scrivere è Pietro Palma, persona squisita e professionista competente che incrocio di tanto in tanto, sia virtualmente che nella vita reale, ma che ogni volta mi viene di abbracciare come fossimo vecchi amici. Gestisce con Gionni Bonistalli il To Wine di Prato. Più di un’enoteca o di un semplice wine bar, un luogo del vino in cui si respira passione e conoscenza come in pochi altri che conosco.
Ci siamo ritrovati lì una domenica a pranzo, intorno ad una tavola bellissima, e tutto è sembrato naturale. Aveva ragione Pietro, siamo stati per qualche ora il centro vinoso dell’universo.
Un’occasione unica e irripetibile. Per una volta la frase suona veritiera e non fa sembrare l’appuntamento l’ennesima vendita di pentole. Facile capire il motivo: Il Cannaio è il vino che Fattoria di Montevertine ha realizzato in esclusiva per Giorgio Pinchiorri; ufficialmente non è mai stato in vendita, su altri canali, e quelle che abbiamo assaggiato sono le ultime bottiglie esistenti, provenienti direttamente dal caveau dei Manetti.
Il progetto inizia nei primi anni 80. C’era da trovare un’alternativa al Sodaccio, nato per finire nella mitica “Enoteca” di Firenze ma ben presto richiesto da tutti. Impossibile concedere l’esclusiva, meglio pensare a qualcos’altro. Ecco perché nasce il Cannaio. Da vigne giovani di sangiovese con saldo di canaiolo (piantate nel 1982), in una zona più umida delle altre (dove nascono le canne, appunto), adiacente a Pergole Torte e su una superficie di appena 0,2 ettari.
La prima annata è l’83. Ovviamente deriva da qualcos’altro, essendo le viti entrate in produzione successivamente, ma poco importa. Il Cannaio è anche questo e sarebbe sbagliato racchiuderlo in uno schema troppo rigido, fuorviante per comprendere il progetto nella sua intimità e nei tratti marcatamente artigiani. Per dire, a volte finisce in barrique, altre in botte grande. Quasi impossibile ricostruire tutto per filo e per segno.
L’ultima annata è la 2004. Perché quella vigna serviva, eccome, per allargare la base del Pergole; e perché i tempi erano cambiati, probabilmente.
Di seguito qualche appunto su come è andata la degustazione. Non serve dire che quando si va così a ritroso nel tempo l’imprevisto è regola e avere impressioni difformi, da bottiglia a bottiglia e su parti diverse della stessa, è fatto usuale.
Del pranzo, del clima umano, del senso profondo della condivisione di certe esperienze e di come il vino, come poche altre cose al mondo, riesca a farci viaggiane nello spazio e nel tempo non dirò, per lasciare intanto il sapore puro della cosa, evitando di rovinarlo con parole che sarebbero inadeguate. Voglio però che si sappia che ho voluto bene ad ognuno dei presenti e mi sono sentito, con orgoglio, parte di qualcosa di bello.
La degustazione:
Cannaio 1983
2970 bottiglie. Decisamente tante considerando le annate seguenti. Colore scarico, granato con unghia aranciata, e naso che vira subito sulle radici (china e rabarbaro), il tabacco biondo e i toni fumé. La bocca è scarna ma gustosa, mai acidula o amara. Vino di sapore, più che di sostanza. ***
Cannaio 1985
840 bottiglie. Colore e profumi più intensi e concentrati che annunciano una bocca solida e decisamente integra. Sulle prime è addirittura rigida ma si distende nel bicchiere fino a far schioccare il frutto e mostrare un succo inaspettato. Profumi completati da fiori secchi (rosa, soprattutto) e continui richiami coloniali. Quasi un quadro bordolese, forse per via del sottofondo balsamico. Vino cazzuto e saporito, incredibilmente giovane. ****
Cannaio 1986
807 bottiglie. Conferma l’annata eccezionale per i vini di Montevertine e di tutto il Chianti. Il colore è integro e luminoso, i profumi sgargianti, deliziosi e sfaccettati. Si passa allegramente dalla frutta fresca a quella in gelatina, dai baccelli di vaniglia ad un cassetto ben fornito di raffinate spezie orientali. Ma è solo l’inizio perché il vino si muove e si trasforma col passare dei minuti ed è un piacere seguirne i passi. La terra umida e le foglie secche, i tratti boschivi e resinosi fanno pensare alle mattine d’autunno; la bocca aggiunge un ricordo di caccia ma è la tessitura a impressionare, per matrice setosa ed estrema finezza. Vino magnifico, maledettamente chiantigiano. *****
Cannaio 1988
1929 bottiglie. Primo flacone sfortunato, si va di seconda. Dominano i toni agrumati, con intense folate di mandarino, cui fa da contraltare l’amaretto. La bocca è dura e solare al tempo stesso ma a metà percorso si assottiglia, mostrando un tannino scoperto e un po’ polveroso. Per i collezionisti di riconoscimenti, aggiungo che alla lunga si sente nettamente la liquirizia, un accenno di rafano e una curiosa nota salmastra che mi ha fatto pensare all’aringa. ***
Cannaio 1990
Servito da una magnum, non è disponibile il dato sul numero delle bottiglie totali. Sarà solo suggestione o paura di chissà che, però a me ha ricordato Pergole Torte Riserva di pari annata e formato. Forse perché è un vino diverso dagli altri e, come il fratello maggiore, mostra tratti decisamente più scuri, concentrati e profondi. A cominciare dal colore, passando per profumi bordolesi, di goudron, torrefazione e spezie scure, fino ad una bocca carnale e carnosa, decisamente materica. Alla lunga escono sensazioni di porcini freschi, carrube, radici e polvere pirica, unite a lampi minerali che ne fanno un vino magnifico. Diverso dagli altri, come detto, ma non meno che eccellente. *****
Cannaio 1992
626 bottiglie. Per molti è uno dei vini di giornata, per il sottoscritto non proprio. Il punteggio è figlio di un adeguamento delle mie impressioni con quelle degli altri che ho sentito. Vino certamente sottile e appuntito, scattante e verticale. A me pare anche un po’ crudo sul piano tannico e aromaticamente diluito, con punte vegetali assortite. Ci vorrebbe un’altra prova. Chissà… ****
Cannaio 1994
641 bottiglie. Annata considerata debole, parte molto ridotto, su cenni animali e di corteccia. Si apre pian piano fino a incrociare piccoli frutti rossi e bucce di agrumi essiccate mentre la bocca si dimostra tutto sommato solida, forse un po’ monolitica ma ricca di sensazioni mediterranee (bacche, elicriso, radice di china), ematiche e pepate. Alla fine sorprende in positivo. ***+
Cannaio 1995
710 bottiglie. L’annata sulla carta è bellissima, la bottiglia un po’ meno. Vi risparmio nuove riflessioni sulle incertezze regalate dall’assaggio di vecchi millesimi. Avrebbe bisogno di una controprova, ecco. **
Cannaio 1996
225 bottiglie. Una fitta coltre scura avvolge il vino appena versato: tartufo nero, moka, cenni di torrefazione e lieve affumicato. Mai quanto stavolta snocciolare profumi e riconoscimenti, però, può depistare. E’ un vino nel complesso elegante e pieno di gusto; capace, strada facendo, di trovare chiarezza, sferzate agrumate gialle e bel tratto acido. Chiude ancora sui coloniali, la terra e il cacao amaro. ****
Cannaio 1997
284 bottiglie. Forse è una volatile sopra la media a far curvare i profumi su note salmastre (quasi di acciuga) e iodate. Al di là di questo, un rosso figlio dell’annata, dominato da traiettorie calde, mature e rotonde. Versione un po’ prevedibile, con fine bocca amarognolo, non proprio interminabile ma di bella rotondità. ***
Cannaio 1999
330 bottiglie. Vino monumentale, senza se e senza ma. Il naso è di spaventosa finezza, capace di elevare l’idea di rosso chiantigiano a livelli di eleganza inimmaginabili. Sassi e terra mossa, iodio e minerali, piccoli frutti rossi e violetta sottotraccia ma mai assenti. Il tutto in un sorso setoso quanto tenace, complesso e profondo, di inarrestabile sapore. Ci sono anche le spezie e, dopo qualche minuto, un accenno carburico inaspettato. Chapeau. *****+
Cannaio 2001
507 bottiglie. Colore di buona concentrazione e naso coerente, sulla via dei frutti scuri (ribes, mirtillo), delle foglie di tabacco e del cuoio conciato. La bocca avvolge, consola, regala frutta matura, qualche tono amaricante di contrasto, un ampio finale di tartufo bianco. *****
Cannaio 2004
387 bottiglie. Ancora molto giovane, l’ultima annata prodotta avvolge i lamponi e le fragoline di bosco in un velo fumé (di fuoco appena spento). La bocca riallaccia i fili aromatici fruttati, li lega a tratti ematici e balsamici ma non affonda. Il secondo tratto del sorso mostra una leggera diluizione, causa o effetto di un tannino scoperto e piuttosto rigido. Detto questo, ad avercene. ***+
Hanno partecipato alla degustazione: Pietro Palma, Giancarlo Marino, Fabio Cagnetti, Irene Chiarugi, Giada Bianchi, Gionni Bonistalli, Clizia Zuin, Davide Bonucci, Beppe Pieretti, Andrea Galanti, Luca Canapicchi (sua la vignetta che riassume la giornata), Luca Morsenchio, Lorenzo Scapecchi, Andrea Petrini e signora, Martino Manetti e Liviana.