10 ottime ragioni per settembrare in Friuli, Venezia, Giulia | Seconda parte

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Qui la prima parte – link

6) Tarvisio – Laghi di Fusine

Quelli della foto d’apertura, per capirci. Ma sarebbe da starci un mese per camminare, guardare e trangugiare tutto quanto ruota attorno alla stazione sciistica di Tarvisio. Estremo limite nord-est e ultimo avamposto di un’Italia che si congiunge ad Austria e Slovenia sulla sommità del Monte Forno. Altrimenti detta, guarda un po’ il caso, Cima dei Tre Confini.
Sapete quanto detesti l’abuso di certi aggettivi, ma stupendo, meraviglioso e incantevole scappano fuori automaticamente mentre vi concedete qualcuna delle innumerevoli escursioni possibili in zona, dalle cave del Predil alla funivia del Monte Lussari. E finalmente capisco perché amici e colleghi fanno a gara per partecipare ad Ein Prosit *: stavolta mi imbuco anch’io, statene certi.

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7) Strade a rotta di Collio

Lo sapete, disprezzo gli “esterofili” a tutti i costi tanto quanto i campanilisti ottusi. E però mi viene da ridere quando sento il sindaco o l’assessore di turno cianciare dalle mie parti di enoturismo. Trionfi di qua e prospettive di là, senza una cartellonistica o un punto informativo, con viabilità beirutiana e cantine sparpagliate per le campagne, distanti tra loro decine di chilometri. E, per non farci mancare niente, modalità di visite insondabili e gps che si divertono a fare scherzoni. Più un’ambientazione alla Indiana Jones che una faccenda per Americani e Russi in vacanza, a caccia di buone bottiglie. Da qui la mia proposta di legge: giro obbligatorio tra Collio Goriziano e Sloveno per ogni possibile candidato relatore ai 150 convegni annui sul tema “Enogastronomia e Territorio”. Giusto per capire come funziona nel mondo reale un distretto ad altissima fruibilità turistica, anche su due ruote, che permette di incrociare uno dietro l’altro molti dei più talentuosi interpreti della zona, in mezzo a un mare di vigna e scorci di rara bellezza. Mi resta questo, ancor prima dei singoli nomi e liquidi da consigliare: ecco com’è fatta una vera Strada del Vino, signori miei.

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8) Ma che fico il Frico…

Ok, mi merito un water boarding di merlot keniano per il titoletto. Però, credetemi, è davvero un po’ quello lo spirito, sano bimbominkismo incluso, di una efficace operazione di marketing territoriale a tutto tondo, che i Friulani affidano anche al più citato dei loro piatti tipici. Osterie tradizionali e locali “moderni”, chioschi da strada e ristoranti stellati, piccole botteghe e supermercati: frico, frico, frico. Per cui a un certo punto lo assaggi per forza, e ti trovi a tua volta a spiegare agli sconosciuti, tipo agente ept, che ne esistono due versioni, il morbido e il friabile. Il primo assomiglia a una grossa frittata: si prepara con formaggio di diversa stagionatura (Montasio Dop in primis, of course), patate e burro, ma ogni villaggio e famiglia ha la sua ricetta (con cipolla, mele, zucca, erbe, salumi, giusto per citare le varianti più comuni). Il frico friabile (lo sentite già l’onomatopeico fruscio sgranocchiante, vero?) è fatto di solo formaggio, fritto in olio bollente e servito come sfizio pucciante in terrine o fondute. O tipo leccalecca, attaccato a un bastoncino. O, ancora, come snack da aperitivo. E, come vi dicevo, pure in comode confezioni da grande distribuzione: quando inventerò il pret à manger della minestra maritata sarà sempre troppo tardi, lo so.

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9) San Daniele, protettore del Prosciutto

Speriamo sia un orrendo posto da capannoni, mi dicevo, facendo rotta su San Daniele del Friuli. Mainagioia, invece, perché la capitale del prosciutto mitteleuropeo (lato Italia) è pure un delizioso borgo con vista-balcone sulle colline udinesi. Limortacciloro, in altre parole. Parcheggi comodamente al multipiano e in cento metri di passeggiata perdi subito il conto di quante volte hai letto salivando la parola “prosciutteria”, abbinata a proposte di degustazioni, verticali e orizzontali maialesche. Per poi scoprire che le stesse aziende affinatrici sono ben organizzate per accogliere gruppi di affamati e curiosi, con tanto di visita guidata e possibilità di assaggi innaffiati da ribolle e malvasie. Prima di passare alla cassa con quella quintalata di sottovuoti opzionati come inevitabili souvenir. Io sono stato al prosciuttificio La Glacere (link), e quando sarò di nuovo da quelle parti, ci tornerò sicuramente.

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10) Lubiana

Come dite? Che c’entra col Friuli? Va bene, durante l’ora di geografia non andavate in bagno a fumare. Però vi assicuro che vi pentireste parecchio, pernottando dalle parti dei Colli Orientali, se non ne approfittaste per una giornata nella capitale slovena. Un’ora e mezza di auto (non dimenticate il bollino autostradale, mi raccomando) per scoprire una città stupenda sotto tutti i punti di vista. Il centro pedonale, il castello, il lungofiume, la gita in battello con aperitivo e degustazioni, locali e localini uno più bello dell’altro. Ma soprattutto una comunità giovane e rilassata, con una cultura molto precisa del benessere, dello sport e in generale del tempo libero. Non ci ero più abituato: veniva da abbracciarli tutti. E non pensate che questo c’entri col numero 349: ovvero, le volte che mi sono innamorato in tre ore di passeggiata per le vie di Lubiana (ma pure mia moglie non ha tenuto gli occhi bassi, che sia molto chiaro…)

Bonus track: Le Terme di Warmbad-Villach

E’ solo l’ultima delle “dritte” per cui non ringrazierò mai abbastanza l’amico Vittorio “Figurhead” Guerrazzi. Si prende l’autostrada A 23 Udine-Tarvisio e 10 km dopo il confine con l’Austria c’è il borgo di Villach. Ma soprattutto ci sono le sue spettacolari terme (link): Warmbad, letteralmente “bagno caldo”. Inutile aggiungere altro: basta un’occhiata al sito internet per capire che una pomeridiana in loco di scivoli, crazy river, saune, bagni turchi e compagnia, non va persa per nessuna ragione al mondo.
 

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