Non so se è giusto, però in un post del genere, rispetto ad articoli più classici e corposi in cui sento il dovere dell’approfondimento “totale”, mi permetto di scrivere senza conoscere del tutto.
Insomma, questo è più un appunto personale che una nota informativa, un invito a me e a chi non l’avesse ancora fatto a visitare le terre del Rossese più che un racconto pienamente consapevole.
A distanza ho incontrato spesso questi vini, ma per il sottoscritto vedere e toccare con mano è passaggio fondamentale. Dunque, la bottiglia che mi spinge in un viaggio troppe volete rimandato è il Rossese di Dolceacqua Superiore Posaù 2013 di Giovanna Maccario. Cru di un ettaro o giù di lì che le cronache raccontano puntellato da vecchie viti, allevate ad alberello provenzale e aggrappate a terrazze scoscese.
Vino che ho servito a temperatura di cantina, subito armonioso nei profumi di piccoli frutti, rosa e bosco, soavemente tenace, in altalena tra sensazioni chiare e scure. E dal sorso vellutato, puro, elegante, delicato eppur mai fragile. Coup de coeur