Penultima bottiglia rimasta in cantina del Fiano di Avellino 2003 di Guido Marsella. Che si fa trovare all’appuntamento in ottima forma, grazie soprattutto all’impianto gustativo solido, tendenzialmente orizzontale come è naturale attendersi dall’annata, ma per nulla statico o seduto grazie alla prorompente sapidità.
La possiamo chiudere qua, oppure approfittarne per una rapida postilla. Si stappano Fiano di 10-15 anni dando ormai per scontata una buona bevuta, quantomeno in termini di originalità espressiva e integrità strutturale. Perfino in una vendemmia “estrema” come la 2003. Perfino quando abbiamo a che fare, come in questo caso, con una riuscita tutto sommato “normale”, probabilmente fuori dalla top five dell’annata (e chi ha da poco riassaggiato il Radici Fiano ’03 di Mastroberardino sa di cosa parlo).
Mi sembra un dato su cui ragionare: dieci anni fa (ma forse anche cinque) la percezione dei bianchi irpini non era certo questa. E credo che i produttori avellinesi siano tra i pochi a non rendersene conto, impegnati come sono a disperdere energie in contenziosi regional-condominiali. Mentre là fuori c’è il mondo, che chiede solo di bere bene a prezzi giusti, magari regalandosi sorprese a distanza di tempo.