Blaufränkisch, chi era costui?

La prima volta che ho incontrato una bottiglia di Blaufränkisch ero decisamente alticcio. A Merano, in compagnia di loschi figuri altrettanto avvinazzati, quasi a fine corsa dopo una lunga giornata a scolar bicchieri.

Nella dependance del Wine Festival, dove arriviamo ciondolando, una delle prime edizioni di bio&dinamica ci spalanca alcuni flaconi noti e altri mai visti prima, accompagnati ai banchi da vignaioli pazienti, fin troppo comprensivi verso le nostre pessime condizioni.
Insomma, non proprio il massimo per capirci qualcosa, con tutte le regole base del “perfetto degustatore” irrimediabilmente infrante.
Scenario e stato di forma che non mi hanno impedito di rimanere estasiato davanti al bicchiere rubino messomi sotto il naso da una signora agée, vignaiola in Horitschon, Burgenland, Austria. Tanto rapito da pregare per lunghi minuti la malcapitata di vendermi una delle sue bottiglie, cosa impossibile secondo il regolamento del festival. Impietosita, forse scaldata da un mai sopito fuoco materno o semplicemente stufa della mia presenza, la nostra si convince a regalarmene una.
Se quella volta ci ho beccato o se sono andato fuori strada, accecato dai fumi dell’alcool, non saprei dirlo. La boccia è ancora dove l’ho messa allora, tra i libri disordinati del mio studio. Ogni tanto ci guardiamo, credo che presto ci baceremo di nuovo.
Blaufränkisch, chi era costui? Non me ne sono curato troppo, a dire il vero.
Certo negli anni ho assaggiato altre bottiglie di questa curiosa varietà, dicono figlia di un incrocio tra un’uva bianca e un non meglio identificato rosso di Franconia. Nessuna è finita a casa mia però, fino a un nuovo innamoramento piuttosto recente.
La parte di Cupido è stata perfettamente interpretata dal grande Luca Ghiotto, amico di vecchia data, tra quelli con cui è bello parlare di vino. Lui ne vende molti nella sua bellissima enoteca, Soavino, ed è sempre più a suo agio nella veste di importatore.
Tra le ultime scoperte, eccoci al dunque, un delizioso Blaufränkisch che vi consiglio allegramente. La cantina si chiama Schiefer e il vino è il Konigsberg 2012.
Siamo su una fascia media, anche nella gerarchia aziendale, ma per il sottoscritto questo rosso vale ben più di quel che costa. Non solo in termini freddamente qualitativi, ma per il quoziente di originalità decisamente elevato.
Inebria al naso, che parte su profumi di cantina; con quella riduzioncina che ti strappa un “minerale”. Poi è tutto un frutto, gustoso e fresco, che sfuma su punte speziate delicatissime. Bocca coerente, succosa, di un’immediatezza affatto scontata, anzi direi piuttosto complessa, e finale che scivola sul velluto, senza grinze.
Sullo scaffale dell’enoteca Soavino, lo trovate a 16 euro e 50 cents, tanto quanto il fratello Eisenberg. Il semplice Blaufränkisch “base”, delizioso, a 10 circa. Di più nun zò.
Soavino
Viale del Commercio, 25 – Soave (VR)
Tel. 045 619 0199

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