Il dado è tratto: la prossima fuga autunnale sarà qui. Mi travesto da Cesare, sperando che Antonio non si identifichi troppo con Cassio, e comincio a riempire il file dei giorni e delle visite. Lo schedificio estivo è pienamente in opera, ma è già troppa la voglia di fresco e di tunnel del Monte Bianco.
La Borgogna ha deciso di voltare definitivamente le spalle al nostro potere di acquisto e noi le facciamo il gesto dell’ombrello rifugiandoci qualche decina di chilometri più a sud. Perché non di solo pinot nero vive l’uomo, almeno fino a quando sarà possibile incrociare alternative come il Morgon di Lapierre e, più in generale, il gamay buono del Beaujolais. Non QUEL Beaujolais che il servizio del Tg1 tira fuori, uguale da 467 anni, il venerdì di novembre in cui tutto il mondo sembra contare i minuti per il primo bicchiere di novello con le prime caldarroste. Inevitabile come le tasse e la morte.
Beaujolais come regione, dunque, con i suoi cru per tanto tempo trascurati ma tornati di attualità proprio per la loro capacità di plasmare rossi straordinariamente contemporanei e allo stesso tempo disponibili a costi non certo proibitivi. Da Cote du Py a Moulin à Vent, da Fleurie a Brouilly, i vini più riusciti e rappresentativi sono praticamente tutti reperibili sotto i 30 euro, cifra che ormai basta a stento per un village in Côte d’Or, non per forza imperdibile. Ma già intorno ai 10 eurozzi ci sono parecchie cose buone da trovare.
Varietà e zone diverse, non paragonabili per un mucchio di cose, obietterete voi. Avete ragione, però ragionamoci ancora un secondo: se “semplicità” e scorrevolezza deve essere, se quel che cerco è un rosso disimpegnato ma carico di energia fruttata e contrappunti, forse posso trovare maggiori soddisfazioni a Beaujolais, al di là dei prezzi. Vini che verrebbe voglia di stappare tutte le sere, comprese quelle più calde previo passaggio in frigo. Ne abbiamo anche in Italia, certamente, ma un innesto nordista ci sta proprio bene nella rosa già ben affiatata di Grignolino e Schiava, Dolcetto e Ciliegiolo, Piedirosso e Frappato.
Foillard, Jean-Marc Burgaud, Domain du Vissoux, Daniel Bouland, Desvignes, Janin e tanti altri: la lista si sta rapidamente riempiendo, ma la prima visita voglio che sia al Domaine Lapierre, dove purtroppo non troveremo Marcel, scomparso da qualche anno. Ho da poco ristappato il suo Morgon 2012 e, come al solito, la bottiglia da 0,75 mi è sembrata un formato insufficiente per veicolarne il potere dissetante. 2009, 2010 e 2011 sono meglio, ma che delizia: frutto nero ma non scuro, arricchito da sottobosco e cortecce non autunnali, i limiti sono soprattutto in bocca, con qualche punto scoperto e una chiusura un po’ troppo cruda e placida allo stesso tempo. Chi se ne frega.