L'altro Occhipinti

Ancora frastornato e quasi delirante, vago tra un locale e un altro alla ricerca delle sue bottiglie. O almeno di una dose.

Nessuna moderazione, niente anticorpi anche per chi quei vini li conosce e li beve da un po’. Da prima che la loro genesi fosse messa nero su bianco in un libro e che la sua artefice salisse sul palco del Primo Maggio. Una vignaiola siciliana di trent’anni al concertone! Con conseguenti polemiche, frizzi e lazzi.
Dunque, col virus Arianna Occhipinti* in circolo, evito, violentandomi, di scendere in cantina. Sarebbe certamente letale per quelle due disgraziate bottiglie di Frappato 2010 rimaste. Buonissimo prima dell’estate ma ancora un filo crudo, eccitante in pieno inverno, non ci penso nemmeno a rinunciare di sentire che sarà.
E allora via, alla ricerca. Giro e rigiro tra i vicoli della città, sempre più nel panico per la carta giusta che non arriva, con il sudore freddo dell’astinenza che incalza e le allucinazioni che fanno capolino. Arianna? Macchè, è solo una molto truccata che c’è andata pesante col rimmel. Sono ben altri gli Occhipinti che voglio.
Finalmente vedo le luci che possono rappresentare la salvezza. Sulla porta l’oste – pusher giusto, quello che non ti tradisce mai e che ha solo roba buona, di prima qualità. ‘Hai Occhipinti?’, faccio con aria finto distratta, cercando di non dargli l’assist che farebbe lievitare il prezzo. ‘Certo, siediti pure al tavolo’, risponde lui a mezza bocca.
L’attesa è snervante e le lancette del vecchio orologio si muovono a fatica. Il locale mi appare imbalsamato e tutti sembrano guardare verso di me. Ho gli occhi della sala addosso o è solo una mia paranoia? Che abbiano intuito qualcosa?
Mentre i pensieri mi assalgono, il mio pusher risale dalla cantina, si avvicina con malcelato compiacimento e mi porge la bottiglia. ‘Ecco qui Occhipinti’.
Ormai sono in una specie di trance, di totale stordimento e abbandono. Non guardo nemmeno l’etichetta e gli chiedo di stappare immediatamente quel ben di dio. E’ la prima snasata a riportarmi sulla terra. Quasi una scossa elettrica, un dubbio atroce che mi porta a strappare il vetro dalle mani dell’ostinato oste.
Cieco per le mille emozioni contrastanti, avvolto da una specie di nuvola onirica, avvicino il flacone e leggo: Az. Agr. Occhipinti di Andrea Occhipinti*. Silenzio.
No, il finale tragico non c’è stato. Non ho rotto la bottiglia e infilzato il mio pusher, né ho dato il via libera ad un raptus omicida, sgozzando gli astanti uno ad uno con il coltellino del cavatappi. E non ho neanche cercato di intossicarmi con la solforosa di un Sauternes giovane che avevo a portata di mano, appoggiato su uno scaffale vicino al mio tavolo.
Sarà stato per l’ora tarda, per lo stato psicofisico ormai indecente, per la naturale simpatia che ho verso i Diego Conterno, i Guy Larmadier e gli Hugo Maradona*, ma a me l’Alea Viva 2010 dell’Occhpinti di Gradoli è piaciuto particolarmente.
Un Aleatico secco che riesce a contenere la componente aromatica della varietà, facendola apparire bella, pregna di fruttini e fiori freschi. E accompagnandola ad un tratto che a me è sembrato minerale, roccioso, timidamente fumé. Perfetto per accompagnare un sorso leggero ma denso di sapore, dall’allungo facile.
Una bottiglia finita in quattro e quattr’otto. Giusto il tempo di una sosta, prima di ricominciare la mia ricerca…

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