Chi ci conosce lo sa. L’ondata salutista, neo-proibizionista e repressiva, il movimento di criminalizzazione che ha investito le bevande alcoliche negli ultimi anni, l’invito alla moderazione nel bere, con tanto di tabelle e grafici per capire “come si fa”, non ha mai trovato dimora su queste pagine.
Qui si beve, in alcuni casi anche molto e forse troppo.
Dunque, per le riflessioni sensate, politicamente corrette, le striscianti e patetiche derive paternaliste (che ormai giungono dai pulpiti più disparati), di quelle che ficcano in mezzo il resveratrolo come il prezzemolo e compatiscono l’ubriachezza, prego, rivolgersi altrove.
Tra le nostre letture di riferimento ci sono i trattati sui postumi della sbronza* e gli editoriali del Modern Drunkard, un magazine irriverente che spopola negli Stati Uniti e vanta un bel numero di abbonati; famoso per le sue battaglie antiproibizioniste e pro-alcool, come quella del boicottaggio verso la Jack Daniel’s, colpevole di aver abbassato lievemente la gradazione dei suoi whisky…
Ci capita, dunque, di andare al bar col solo intento di alleggerire le fatiche della vita, i problemi spiccioli e grandi, qualche preoccupazione o vere e proprie angosce. Perché sarà anche vero che l’alcool non da risposte ma certo aiuta a dimenticare le domande.
Ecco allora che, a capo di un filotto di giorni non proprio spensierati e al culmine di una giornata decisamente no, ci ritroviamo per magia al bancone del Blue Ice* di Bastia Umbra, dietro al quale si trova uno dei rarissimi Barman (con la B maiuscola) di queste latitudini.
La zona è piuttosto anonima ma una volta varcata la soglia del locale ci si immerge in una specie di club dall’atmosfera niuiorchese, e non ci vuole molto a capire di essere capitati nel posto giusto per bere bene e farsi fare un cocktail come si deve.
Detto fatto, dopo una breve confabulazione col proprietario, esternato il nostro male di vivere, si decide per un Vodkatini con acqua di ostriche (ma anche per la sua variante Martini Cocktail con acqua di ostriche).
Com’era? Semplicemente sublime per intensità aromatica (l’ostrica ha fatto il suo regalando iodio, risacca e sensazioni salmastre), potenza e armonia complessiva (non una bruciatura alcolica a increspare il sorso). Un caldo abbraccio capace di risollevare anima e corpo e lasciare alle spalle i nuvoloni neri.
Solo un palliativo? Certo, e pure maledettamente buono.