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La Pasqua (nel senso di resurrezione) della Vernaccia di Cannara

Enostrippati a caccia della novità quotidiana, scopritori di scoperte* e drogati del vino che “non esiste ma io ce l’ho”, anche se costa quanto una serata al Billionaire, fate un passo indietro.

Siete fuori strada perché i wine garage di cui parlo oggi c’entrano poco o niente con quelli che vi fanno salivare…
Vino e garage messi fianco a fianco si riprendono stavolta il loro senso più stretto e letterale, costretti a dividere la scena con l’utilitaria, gli attrezzi da giardino, le conserve e i salumi appesi. Il senso di produzioni casalinghe, homemade, senza tanti frizzi e lazzi, per il gusto del fare che sconfina sempre in quello dell’essere, dell’appartenenza e della condivisione.

Siamo a Cannara, terra di confine tra due Umbrie impossibili da fondere, a sua volta divisa tra colli e fertile pianura. Sui primi, il tipico paesaggio di boschi, olivi e vigne. Accanto a quelle ordinate di ultima generazione, qua e là, cespugli e filari sconnessi da ricercare e chissà, catalogare. Tanti piccoli fazzoletti o meglio francobolli (viste le dimensioni), messi apparentemente a casaccio sui crinali.
E’ l’uva cornetta (che non c’entra, ovvio, con l’omonima varietà da tavola ma pare rappresentare un unicum nel panorama ampelografico italiano), appassita e pigiata da sempre nelle case, per ottenere un vino rosso e dolce, con un leggero tocco erbaceo, che viene bevuto a Pasqua, a partire dalla colazione e in abbinamento alla classica Pizza al formaggio con il capocollo (ma ce n’è anche una versione dolce) e le uova sode.
«Eccellente è la così detta vernaccia di Cannara, vino che usa farsi negli ultimi giorni di ottobre, con uve appassite… ordinariamente dolce o abboccato, perché fatto con i soli acini dell’uva, i quali dopo essere stati franti vengono posti entro i tini ove si fan fermentare per un tempo più o meno lungo, a seconda delle condizioni termiche dell’atmosfera, del maggiore o minore grado di dolcezza che ad esso si vuol dare, o fino al momento in cui ha acquistato il suo colore rubino trasparente.» (dalla relazione sulle “Condizioni agricole economiche del territorio di Cannara” di Giulio Baldaccini – Foligno, 1882)
Il vino della festa, della Pasqua in particolare, come ce ne sono molti in altrettanti borghi italiani. Assolutamente normali e proprio per questo eccezionali. Un vino del popolo.
Che rivive in questi giorni tra i vicoli, le piazze e soprattutto i garage di Cannara. Un vino che tradisce il concetto di merce e si autosospende dal mercato. Microproduzioni che sovvertono la natura quasi esclusivamente mercantile delle bottiglie per riconquistare un significato sociale e soprattutto rituale.
Il vino della Pasqua di una terra e della sua gente. Che interessi a qualcuno oppure no…
PS: il giorno di Pasquetta alle 17,30 degustazione raccontata dal sottoscritto delle Vernacce prodotte nei garage di Cannara, nell’ambito dell’evento Vernaccia Pop Wine*

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