Ma quant'è bbella la pizza di Clinton!

Quando un qualcosa ci colpisce favorevolmente in senso estetico utilizziamo l’aggettivo “bello”, al contrario utilizziamo “brutto” per descrivere ciò che suscita alla nostra vista un’impressione negativa.  Con l’aggettivo buono e col suo contrario cattivo si esprime in italiano l’apprezzamento al gusto.

In lingua napoletana invece quando qualcosa è di sapore piacevole si utilizza “bello”, al contrario quando qualcosa non è gradita al gusto utilizziamo “brutto”. Fa fede la canzone O ccafè di Modugno “ah che bellu u cafè sulo a Napule u sannu fa” poi parafrasata da De Andrè in Don Raffaè.
Con tutto quello che di brutto/cattivo si dice di Napoli in questo bislacco momento storico è sempre piacevole pensare alla estrema maniacalità, per quanto riguarda il gusto, propria dei napoletani. Il caffè, il pesce, la pasta, la pizza debbono essere per forza “bbelli”. E non c’è un posto a Napoli dove ho bevuto un caffè brutto o mangiato una pizza oscena.
Quando poi un napoletano “espatria” è molto difficile accontentarlo soprattutto su caffè e pizza. E come meravigliarsi se il caffè lo sanno fare solo a Napoli, anche se nessuno si spiega il perché, per tornare alla canzone di Modugno.
Sulla pizza, la pizza Margherita, la regina delle pizze, Napoli detiene il marchio di luogo d’invenzione di tale pasto mangiato e conosciuto in tutto il mondo. La pizza Margherita è nata a Napoli l’11 giugno 1889 quando il pizzaiolo Raffaele Esposito della Pizzeria Brandi a Chiaia, aggiunse alla tradizionale pizza al pomodoro, la mozzarella e il basilico in onore della regina Margherita di Savoia in visita nell’ex capitale borbonica. I colori di questi ingredienti andarono a formare quelli della bandiera italiana.
A Napoli quindi, per una sorta di proprietà transitiva, si mangia la pizza più buona, anzi la pizza più bbella del mondo, ma qual è la miglior pizzeria di Napoli e quindi del mondo?


Le pizzerie a Napoli sono infinite e tutte buone, anche perché un’eventuale pizzeria che facesse la pizza brutta fallirebbe il giorno dopo; ce ne sono alcune però che possiamo annoverare tra le più battute. Tra queste non vi è Brandi, ma  come mai? mi sono chiesto. Ho allora imbastito un mio piccolo sondaggio consultando le mie conoscenze napoletane, la risposta è sempre stata quella: costa molto rispetto alle normali pizzerie (sulla pizza non si inventa niente, gli ingredienti sono base e a Napoli di pomodori, farina di grano, mozzarella e basilico ce ne è a bizzeffe), è un locale divenuto turistico, per americani.
Per curiosità ho anche chiesto ad amici americani che conoscono bene l’Italia se hanno mai mangiato da Brandi, la risposta è stata affermativa. Sempre nel mio piccolo sondaggio ho chiesto ai miei amici napoletani di scegliere tre pizzerie dove uno deve per forza mangiare. E qui si è scatenato un delirio di nomi su nomi in questo modo: appellativo col quale la pizzeria è nota, luogo, eventuale nome legale.
Sì perché esistono delle pizzerie a Napoli delle quali i napoletani stessi ignorano il nome “ufficiale”. Esempio a Porta Nolana c’è la Pizzeria “ngopp ‘o raro” ossia posta sul marciapiede, ma nessuno mi ha saputo dire il nome. E poi c’è Michele a Forcella, i vari Sorbillo ai Decumani, il 22 alla Pignasecca, la Piave a Pallonetto Santa Lucia, quella a Vigliena e Clinton.
Clinton? Sì, Clinton, come il presidente americano degli anni Novanta. Ecco il motivo di questo eccentrico soprannome: nel luglio 1994 il vertice dei paesi più industrializzati del mondo, noto come G7, si tenne a Napoli. Vi furono degli scontri ma niente a che vedere con quello che capitò a Genova sette anni più tardi. La situazione era talmente sotto controllo che il presidente degli Stati Uniti si permise una camminata tra la gente, nella parte antica di Napoli, ai Decumani.
E fu così che, non si sa se per caso o di proposito anche se la leggenda vuole che sia stato trascinato da un pizzaiolo, si trovò a mangiare una pizza alla pizzeria Di Matteo di Via dei Tribunali, che subito dopo verrà ribattezzata dai napoletani col cognome del presidente americano. Andando oggi in questo locale ci si imbatte all’ingresso, dove c’è il forno e solo il forno, in una gigantografia ritraente per l’appunto Bill Clinton intento a mangiare una pizza ripiegata in quattro, come tradizione napoletana vorrebbe; intorno a lui, le sue guardie del corpo che staccano in maniera netta dai pizzaioli e i camerieri che oggi ritroviamo nel locale invecchiati di 16 anni.
Dentro nella prima saletta c’è la foto di Maradona, ma Diego a Napoli è come San Francesco in Umbria, è stato ovunque. Il presidente americano Clinton no, solo da Di Matteo. Che fa una pizza bellissima, lo dimostra la fila che è d’obbligo fare all’esterno, a tutte le ore, consumando di zeppole e crocchè per ingannare l’attesa.
Presidenti e regine hanno legato il loro nome indissolubilmente alla storia mondiale e nel piccolo anche a questo pasto, semplice eppure così gustoso che magari lo sanno fare in tutto il mondo, ma che bbello riesce solo a Napoli, e nessuno sa il perché.

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