Diciannovesima tappa: Bordeaux – Pauillac. 52 chilometri attraverso infiniti filari di cabernet sauvignon, cabernet franc e merlot. Partenza da una città che è diventata sinonimo di un colore ed arrivo in una cittadina che è diventata uno dei più importanti marchi-territorio di un vino che è bordeaux di colore.
Il Tour De France 2010 è terminato così: maglia Gialla, Alberto Contador, piccolo pistolero di Madrid. Maglia Bianca, Andy Schleck, uno stuzzicadente fatto uomo, del Lussemburgo. Maglia Verde Alessandro Petacchi, il velocista di La Spezia.
Incuranti di ogni regola dell’abbinamento cromatico dettato dalle mode, tre maglie, che indicano chiaramente le sfumature cromatiche che sono riservate ai vini bianchi, spaccano in due il mondo del vino rosso che più rosso non si può. Spingono le loro spaziali biciclette a 50 chilometri orari senza nemmeno inchinarsi al passaggio di fianco ai più famosi Castelli del mondo.
Senza paura, sfrontati, altezzosi, sfacciati. Bianchi, gialli e verdi con il petto in fuori ad invocare, almeno, una pari dignità.
Maglia Gialla: Corton Charlemagne ’92 – Coche Dury. E’ un vino che mi fa riflettere sulle congiunzioni astrali. Tutto al proprio posto in un preciso momento. Quelle manifestazioni della vita nelle quali non ci trovi la semplice e banale perfezione ma una precisione ritmica, basata su congiunture di riordinato caos. Naso di acqua minerale (quel profumo che si sente se ti metti difronte ad una cascata di acqua di montagna), clorofilla, sensazioni di cassata siciliana tra agrumi e crema. La soddisfazione che regala al palato è paragonabile a quella che da una pasta trafilata al bronzo, scorre via dritta e liscia, sprigiona elegantemente tutto il suo irriverente sapore man mano che viene deglutita.
Maglia Bianca: Batard Montrachet ’99 – Leflaive. Naso di polvere da sparo, fiammifero appena acceso e fiammifero appena spento. Un vino Pirico. Anche questo esemplare, come il Corton di prima, vira su note verdi spiccatamente fresche e belle, non quelle fastidiose di uva immatura. Tutto arrotondato da cenni floreali di rosa. Una bocca grassa e leggermente asciugata da uno sviluppo che “premia”, però, un alcol in eccesso, fino ad arrivare ad un finale leggerissimamentemapropriopoco amaro.
Maglia Verde: M ’99 – Montevertine. Un intruso Italiano dalla storia gia terminata. Vino non più prodotto in quel di Radda. Malvasia e Trebbiano. Naso di cera, si sente il vitigno aromatico. Appena aperto sembra stabilizzarsi su queste due sensazioni poi con il passar del tempo cerca spazio e lo trova anche il ginepro, l’arancio candito e la crema catalana. In bocca lo sviluppo è sottile, il finale, con pimpante spinta acida, è, aromaticamente, amarognolo.
Chi mastica un pochino di ciclismo mi potrà dire: “E la mitica maglia a pois? Quella riservata agli scalatori? Quella degli uomini da imprese leggendarie? Quella dei ciclisti che attaccavano fin dalla prima salita quando si doveva ancora attraversare l’intera dorsale Pirenaica?” Quella! Per prima cosa è una maglia che ha ancora un problema di identità, è bianca con puntini rossi, che cazzo vuol dire, che sono in territorio di bianchi ma che faccio un po’ di rosso per accontentare i mercati? No! Sarebbe quella più affascinante, completa ed eclettica se solo a vincerla non fossero corridori come Chateau Anthony, suo ultimo indossatore, il quale mi fa emozionare come un calcio nei c……..