La guardi passandoci dalla superstrada e rischi l’incidente: Spello è una meraviglia. E va bene, insensibili che non siete altro, qui c’è anche un ristorante per cui vale la pena mettersi in viaggio, con Marco Gubbiotti ai fornelli (se volete sapere come la penso, uno dei giovani chef del momento).
Il nome, La Bastiglia, è curioso, ancor più da quando ho scoperto che si chiama così per via di un certo Robespierre Antonucci, vecchio proprietario del ristiorante che fu, in predestinata opposizione al potere e all’ordine costituito.
Uno come Salvatore Denaro insomma, che chiusi i battenti del Bacco Felice di Foligno (un altro pezzo dell’anima vinogastronomica umbra che non c’è più, ahimè) intrattiene da oste anarchico e libertario qual è gli avventori dell’Osteriglia, arricchendone le serate con storie fantastiche ma quasi sempre vere, i prodotti dell’orto che coltiva a Bevagna e svariati calici di chissà quali vini, assaggiati personalmente uno a uno. Ovviamente.
In un tavolo della magnifica terrazza ormai vuota, perchè “un giorno era appena finito e un nuovo giorno era appena cominciato“, offro a Salvatore un ultimo goccio dello Champagne nel secchiello, senza fargli vedere l’etichetta.
“Una bolla essenziale“, esclama lui. Infatti, dico io, tirando fuori la sciampagnotta: è proprio il Brut Essentiel di Benoît Lahaye! Essenziale e delizioso, direi, ormai maturo nell’impostazione aromatica, nervoso ma appagante in bocca, dal profilo verticale, affilato ma di grande sapore. Altro che potenza senza controllo, questo è un Bouzy che ricorda la lama di una ghigliottina…
La cantina la conoscevo per averci fatto un salto. Un paio d’anni fa, mi pare, quando il nostro non era ancora così famoso e i vini, forse, non così convincenti. Ma già con tutti e due i piedi nella biodynamie. Si trova a Bouzy, appunto, patria di grandi pinot noir, ma le piccole parcelle che compongono i poco più di 4 ettari di vigna sono anche ad Ambonnay (e giù ancora di pinot nero) e Tauxières. Quasi tutte Grand Cru.
Ma quella volta ero a caccia di Rosè, e infatti avevo comprato un pò di bocce di Brut de macération. L’ultima, bevuta da poco, mi ha insegnato come quei vini vadano aspettati. Altro passo, altro sapore rispetto a come lo ricordavo. E va bene, non resisto più: avevo giurato di non usare quella parola, ma come si fa con Benoît? Mi-ne-ra-li-tà. E tanta voglia di gridare “ancora“…