
E così, visto che siamo arrivati a Pasqua, ecco un altro prodotto che ha subito una sorta di salto semantico-gastronomico, nel senso che è diventato un’altra cosa. Legittima, approvabile, ma un’altra cosa.
Anche sul piano linguistico c’è stato un maldestro tentativo, operato da una notissima pasticceria del centro di Perugia, di aggiustare il nome, ad usum turistorum, peraltro ignominiosamente rientrato: e dunque la torta de Pasqua, tradizionale focaccia (alta) salata perugina, rimane tale e non evolve, almeno da un punto di vista nominalistico, in un accomodante quanto fuorviante “pizza di Pasqua” (con glossa esplicativa: specialità pasquale perugina).
Quanto alla sostanza, almeno per precisione filologica, una volta c’era il grasso di maiale (lo strutto), il pepe triturato grossolanamente al mortaio, ed il pecorino, nelle sue due varianti, norcina e romanesca, sia grattugiato che a pezzettoni. Oggi il grasso di maiale è stato sostituito da burri, olii e margarine vari; il pepe è scomparso ed i formaggi si sono ingentiliti, in un festival di groviere, fontine e parmigiani.
Il risultato è gradevole, almeno nei forni e nelle pasticcerie migliori, in linea con una concezione dinamica della tradizione e in nome di un’evoluzione del gusto, che approvo e sottoscrivo, ma è pur sempre un’altra cosa. Che si sappia, almeno. No perchè tra il garum dei latini e la salsa worcester ce ne corre!
Già che ci sono, anche per onorare il titolo, perché non introdurre nella nostra torta qualche buon formaggio francese dal sano afrore de piedino che rilancerebbe un sapore declinante, ingentilito, ed in ultima analisi omologato?
E voi, che mangerete a Pasqua?