Boca Junior (and Senior) Wine Club



So che non dovrei dare in pasto alla rete anticipazioni così succulente, ma non riesco proprio a trattenermi. Sulla nuova edizione della guida “Passeggiate d’Italia”, il giro per le vigne di Boca con Christoph Kunzli sarà inserito con il massimo riconoscimento, i prestigiosi “Tre Scarponi”.

Le polemiche non tarderanno ad arrivare, lo sappiamo, specialmente tra coloro che non ammettono l’uso della jeep nemmeno per il tratto iniziale e concepiscono soltanto passeggiate a piedi nudi e senza l’ausilio di deodoranti selezionati. Il fatto che la Lumberjack e la Infasil stiano collaborando all’organizzazione di un road show itinerante non deve però far pensare a condizionamenti di questo tipo…
Rimandiamo invece alla prossima edizione la valutazione della passeggiata con Silvia Barbaglia a Cavallirio: il percorso è iniziato dopo il tramonto, fuori tempo massimo, e abbiamo potuto testarlo soltanto in versione “campione di rotta”. Malelingue sosterranno che io e Lello abbiamo fissato la sessione volutamente in tardo pomeriggio, spaventati dal fatto che la giovane titolare di Antico Borgo dei Cavalli sia già un’alpinista provetta.
Ma queste sono solo voci diffuse ad arte dalle guide concorrenti: Camminate buone d’Italia, 2000 Passi e l’Annuario curato dal teorico della passeggiata in discesa, l’unica in grado di dare piena piacevolezza.
Più di tante parole basterà il video linkato in testa a spiegare perché questo giro ci rimarrà per un bel pezzo nella testa e nel cuore. I colori autunnali, gli affioramenti di porfido, le vigne a maggiorina, il paesaggio mozzafiato, certo, ma soprattutto la sensazione di essere nel bel mezzo di uno snodo temporale, una di quelle porte cosmiche che si vedono nei film di fantascienza e che fanno nascere i paradossi spaziali, voce scientifica per indicare quello che succede quando passato e futuro si incasinano tra loro.

Qualche migliaio di ettari vitati
meno di un secolo fa, poco più di trenta oggi: la storia di Boca e dell’alto Piemonte (da 40.000 a meno di mille ettari) non è forse conosciuta dal grande pubblico ma è senza dubbio patrimonio condiviso da una fetta rilevante di enoappassionati. Se fossi bravo con le ricerche e i link, andrei subito a comporre una bella webgrafia di tutti gli articoli scritti in questi ultimi anni, a partire dagli amici Roberto Giuliani e Mauro Erro.
Più facile indicare un riferimento cartaceo come Bibenda n. 30 (febbraio 2009) e lo splendido pezzo di Armando Castagno. Andando a Boca per la prima volta è impressionante constatare la totale corrispondenza tra ciò che hai letto e quello che vedi: là dove la vigna era protagonista pressoché unica, oggi c’è un mare di bosco. A pensarci bene non è l’unico posto in Italia dove sono accadute cose del genere e, sicuramente, non è il luogo a cui è stato riservato il destino peggiore.
Non ho potuto fare a meno di pensare ad Ischia, ai suoi 2000 ettari diventati meno di 400 in cinquant’anni, e ai suoi boschi di case e cemento. E non ho potuto fare a meno di pensare a tutte quelle terre da vino che scuotono oggi addetti ai lavori e appassionati dopo essere passati per anni di abbandono, isolamento, disinteresse. Nel mondo del vino il confine tra declino e rinascita è talmente sottile da apparire talvolta impalpabile, e il caso Boca in questo senso è un vero e proprio paradigma per misurarsi con la storia del vino italiano nella sua interezza.
Una storia che di lineare e armonico ha poco o nulla e vive in una dimensione assolutamente jazz, fatta essenzialmente di pause e accelerazioni, sincopi e controtempi, secondo una melodia solo in parte prevedibile.

Ascoltando Christoph Kunzli e Silvia Barbaglia (nella foto qui sopra), appare evidente il loro bisogno di farti arrivare almeno un’idea confusa di quello che era Boca. E capisci che per loro non è una necessità archeologica o nostalgica né un tentativo di dare sostanza temporale e quantitativa a ciò che di importante stanno cercando di fare adesso. Il fatto è che senza radici può esistere un prodotto ottenuto con la fermentazione del succo d’uva ma non il vino come lo intendiamo noi.
Ed è questo che fa di Boca molto rapidamente un posto molto meno esotico e misterioso di quanto si è portati ad immaginare stappando una bottiglia a centinaia di chilometri o leggendo un nome nuovo su una pubblicazione. Ci sono più storie da raccontare che ettari vitati da queste parti e tutte stupende, di quella bellezza vera che non c’entra niente con gli orsetti rosa e i lieto fine ma ha la credibilità di chi sa che c’è sempre un nuovo capitolo da poter aggiungere.
Dale Dale Dale Boca
Ho sempre pensato che nei nomi c’è la chiave di accesso al volo infinito della conoscenza. Sembra una cosa seria, invece è solo un modo per distogliere il pensiero e non restare davanti a questo schermo per le prossime due settimane. Perché se comincio a viaggiare su tutte le deviazioni che partono dalla parola Boca, veramente non ne usciamo più. Premesso che questo pezzo l’avrebbe dovuto scrivere un autore di Tipicamente dal cognome più affine, come si fa a non pensare alla coincidenza dei colori fra le etichette di Le Piane e le maglie della squadra più amata d’Argentina? Come si fa a non immaginare un parallelo tra un dribbling di Maradona versione pre-europea e l’affondo gustativo guizzante e vincente di un nebbiolo vespolinato a 500 metri di altitudine?
E poi, quale anfiteatro è più meritevole della definizione di Bombonera: la trincea degli xeneises (letteralmente genovesi, i primi tifosi della squadra di Buenos Aires) oppure la collina di Montalbano dove è iniziata l’avventura novarese di Cristoph Kunzli? Sciabolata morbida…
Se per caso c’è ancora qualcuno in ascolto, sappia che per una volta tutte le cose che si leggono su forum, blog e affini sono vere: nel Boca c’è la vitamina C. Cioè, tra i timbri ricorrenti c’è sempre una netta impronta agrumata a fare da trait d’union in espressioni ovviamente diverse per annata, stile, vinificazione. Limone acerbo, mandarino, arancia amara, sanguinella, candita, in scorza, pompelmo rosa: per gli amanti dei riconoscimenti qui c’è da divertirsi come da piccoli sul brucomela.
Ancora più marcante, però, è la straordinaria salinità che il nebbiolo in tandem con la vespolina manifesta a queste altitudini e su questi suoli porfidici di origine vulcanica, molto simili a quelli della Cote Rotie. Sono vini per certi versi sospesi fra una dimensione “nordica”, di montagna, e un’altra assai più generosa, estroversa, quasi mediterranea. Un gioco irresistibile di chiaroscuri e di sorprese che sembra obbligare all’ossimoro perpetuo. Appuntita larghezza, rarefatta pienezza, verticale sfericità: sono solo alcune delle associazioni che mi sono appuntato, ancora sobrio, sul quadernino. Se volete saperne di più su terreni, esposizioni, altitudini, maturazioni, evitate di perdere tempo con me e ascoltate Christoph Kunzli nel video.
Le Piane
Sul sito aziendale www.bocapiane.com trovate tutte le informazioni sulla cantina di Christoph Kunzli. Leggerete di un importatore svizzero stregato dalla bellezza del Parco Naturale Monte Fenere, di Antonio Cerri, l’anziano viticoltore dal quale rilevò l’azienda nel 1998, di Alexander Trolf, amico e socio di Christoph, scomparso prematuramente a seguito di un tragico incidente. Recupererete tutti i dettagli sui 6 ettari e mezzo di vigna che, acquisizione dopo acquisizione, parcella dopo parcella, vanno a comporre oggi il patrimonio aziendale. Apprenderete che il Boca di Le Piane viene affinato per tre anni in botti di rovere di Slavonia da 25-28 ettolitri. Aggiungo solo che al bar Pinguino, sulla piazza principale di Boca, trovate i vini di Le Piane insieme a buona parte degli altri produttori, nomi storici e nuove realtà, che trasformano in bottiglie i circa 30 ettari attualmente iscritti alla denominazione.
Boca ’06 (anteprima)
Annata controversa, ancora di difficile lettura, con alternanza di caldo e piogge tra fine estate e inizio autunno. Da poco imbottigliato, in questo momento è ovviamente molto compresso con una sensazione di agrume giallo a fare capolino su un sottofondo estremamente fresco, balsamico, marino. Austero e serrato, anche al palato mostra tutta la sua gioventù di vino in divenire, con un finale buccioso, quasi severo, abbinato ad una polpa misurata e pienamente integra.
Boca ‘05
Arancia sanguinella senza se e senza ma, frutto chiaro, trito di erbe mediterranee, grandissima energia, un sottofondo di pepe bianco. Succoso, salinità fuori scala, tannino che morde ma non ferisce in virtù di uno splendido contrappeso di frutto ed energia.
Boca ’04
Più serioso e austero, più spostato su impressioni di sottobosco e radici. Anche la mineralità e la speziatura sono inizialmente più “scure” ma nel bicchiere tutto si sposta progressivamente su un respiro più arioso. Progressivo, saporito, verticale, fittissimo nella grana tannica, appare più indietro del 2005 ma con una profondità simile, se non superiore.
Antico Borgo dei Cavalli
Ancora un sito ben articolato (www.vinibarbaglia.it) per una delle realtà storiche della zona, fondata nel 1946 da Mario Barbaglia e guidata oggi dal figlio Sergio e dalla nipote Silvia. In un’ampia e variegata gamma, oltre al Boca, maturato per due anni in botti da 650 litri, si segnalano gli spumanti a base erbaluce e uva rara. A proposito, signor Sergio, se per sua sfortuna si trova a leggere questa cosa: il Curticella Caballi Regis ci piace parecchio in versione pas dosé, su questo può dare ascolto a sua figlia. Silvia, il nostro dovere lo abbiamo fatto…
Boca ’06 (anteprima)
Molto molto giovane, legno da riassorbire ed assestare, come è naturale che sia. In profondità si avverte un frutto carnoso e maturo, sembra già molto ben fusa la componente alcolica, così come appare da pollice in su la definizione tannica.
Boca ‘04
Una leggerissima riduzione iniziale non impedisce a nette note di liquirizia e bacche di farsi spazio fra sensazioni affascinanti di cuoio, humus, pepe nero. L’impatto è più “grosso” che profondo e al palato viene fuori una progressione per certi versi eterea, leggermente segnata dall’alcool e appena mancante di fittezza. Tannini terrosi e saporiti, margini di crescita in bottiglia.

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