Voglia di mare. Chi non ce l’ha di questi tempi, nonostante le bizze del meteo? Per chi, come me, è poi costretto in una regione senza sbocchi rivieraschi (ma si può essere più sfigati, e dire che siamo una penisola…), il desiderio diventa brama, necessità fisica, bisogno ancestrale.
Oddio, pensandoci la mia non è che sia stata una scelta proprio libera, completamente spontanea. Del resto che volete, di questi tempi è bene abbinare qualche ora di svago a situazioni di lavoro. Cioè, insomma, siamo alla canna del gas e non ci si possono concedere tanti lussi.
Per farla breve: mi trovo nell’entroterra ravennate, sono le cinque del pomeriggio e ho già finito il lavoro. Voi che fareste? Come una tartaruga di mare che esce dall’uovo mi dirigo verso le onde. A Cesenatico, per la precisione, un posto che non vedevo da almeno mille anni, minuto più minuto meno.
Ecco qualche considerazione a caldo:
La cementificazione degli anni 70 – 80 è spaventosa, gli orrendi palazzoni a pochi metri dal mare sono mostri con cui (forse) dovremo convivere per sempre
Gli alberghi, anche i quattro stelle, non esattamente economici, sono quanto di più triste si possa immaginare: vecchi, con arredi impresentabili e servizi scadenti. E poi ci chiediamo perché non siamo più un Paese turisticamente così attraente…
Gli imprenditori del settore turistico della zona sono dei geni. Prima ti inventano un “divertimentificio” e il mito della riviera che ha fatto sognare generazioni di giovani. Oggi si riciclano come meta ideale per giovani coppie con bebè al seguito. Applausi!
Visto che ci sono, decido di cenare da Vincenzo Camerucci, chef – patron di Lido Lido e membro dei Jeunes Restaurateurs d’Europe.
Cosa è andato…
Il locale si stacca nettamente, per arredi e buon gusto, dalla media della zona. Il dehors è molto gradevole e siamo a due passi dal mare
I piatti sono molto curati e originali, l’accostamento di materie prime ed ingredienti sorprendenti
La grigliata mista nello spiedo con pane allo scorzone, patate cotte sotto cenere e lardo (nella foto in basso) è un piatto che da solo vale il viaggio
Le birre artigianali di qualità con i suggerimenti per l’abbinamento rappresentano una divertente novità
I dessert sono super, con menzione speciale per le cialde di saba con squacquerone e frutti di bosco, e per la crema bruciata al caffé di cereali con gelato alla liquirizia
E cosa è andato meno…
L’acqua naturalizzata a 3 uro e il caffè a 5 (anche se è quello di Leonardo Lelli) sono balzelli difficili da digerire
La carta dei vini esce raramente da un circuito piuttosto commerciale e il servizio è spesso approssimativo: l’arrivo dei piatti a tavola tocca livelli da trattoria-pizzeria (“Di chi è il…?” qui non te l’aspetteresti)
Il polipo arrostito (troppo!) con cardamomo, agretti e pomodoro confit, così come la frittura (molle e poco croccante) sono sembrati poco convincenti
Il conto è sui 65 euro, vini esclusi. Decidete voi quale faccina appioppargli…