
Da buon ultimo: alla frazione Squille di Castel Campagnano (provincia di Caserta, zona di pallagrello) c’è un ristorante che vale appositamente il viaggio, che lo dica o meno la guida Michelin (ma comunque la stella arriverà, è inevitabile).
È il locale di Domenico Marotta, anagraficamente giovane ma già con un lungo percorso gastroprofessionale alle spalle. Esperienze di livello che si colgono immediatamente in pensiero, sguardo e tecnica, ma che non si trasformano mai in déja-vu. Una cucina che sa essere originale e allo stesso tempo golosa, che incuriosisce, sorprende e diverte, lasciandoti con la voglia di tornare e ricominciare subito.
E poi, viva Dio, un posto dove non vedi facce tese e ti rilassi all’istante, dove non sei costretto a sorbirti la storia della vita dell’infanzia dello chef né ti sembra di finire sotto esame dal primo all’ultimo minuto, grazie ad una sala super attenta ed empatica.
Una formula che prevede sì i menù degustazione “a sorpresa” (5, 7 e 9 portate), ma dove non manca una carta essenziale e segnalare qualche desiderio non viene preso come atto di lesa maestà. Mi veniva voglia di abbracciarli tutti, giuro, non mi capitava da quando ancora giocava Juary, in un risto fine dining campano di “nuova” generazione.
Vi risparmio i dettagli sui singoli piatti: più importante il quadro generale e poi è molto probabile che quando ci andrete voi non mangerete le stesse cose che abbiamo mangiato noi. Dopo di che, quando torniamo, io ci provo lo stesso a richiedergli la tartare di pecora, l’uovo, la pasta e patate con uova di mare, il plin “mediterraneo” e il germano: magari Domenico ci accontenta.







