Essendo primo firmatario della mozione Johnson 471D, conosciuta anche come “mai più bianchi dell’ultima annata a Campania Stories”: non dovrei proprio parlare dei 2020.
Anche perché davvero l’asterisco è d’obbligo, compresi quelli apparsi più promettenti, tutti (chi più, chi meno) in qualche modo frenati nell’espressione e da verificare. Si conferma comunque l’impressione di un’ottima vendemmia, una specie di trait d’union tra le due precedenti: una 2018 un po’ meno elettrica o una 2019 un po’ più tesa, se preferite.
In attesa di capirci qualcosa di più, per ora metto da parte per ulteriori test:
* Falanghina dei Campi Flegrei Agnanum (la Provenza sul cratere)
* Falanghina dei Campi Flegrei Colle Imperatrice Astroni (ormai pilota automatico di luminosità e slancio)
* Falanghina del Sannio Taburno Fontanavecchia (precisione e concretezza)
* Fiano di Avellino Bacio delle Tortore Passo delle Tortore (delicatezza e progressione)
* Fiano di Avellino Colli di Lapio (classicità e tono)
* Fiano di Avellino Traerte-Vadiaperti (austerità senza fronzoli)
* Fiano di Avellino Vigne Guadagno (essenzialità sottrattiva che non vuol dire per forza semplicità) – edit: è 2019 (maledetto astigmatismo ipermetrope)
* Fiano di Avellino Pietramara Etichetta Nera I Favati (la primavera nel bicchiere)
* Cilento Fiano Cumalè Casebianche (non di sola verticalità vive il Fiano buono)
* Pian di Stio San Salvatore (la tecnica al servizio della freschezza aromatica e del sapore)
* Greco di Tufo Tenuta del Meriggio (si può fare pop-rock senza urlare)
* Pallagrello Bianco Masseria Piccirillo (equilibrio e succo)