
Siamo tutti in un modo o nell’altro continuamente alla ricerca della “prossima cosa”.
Il più delle volte la identifichiamo, per inconsapevolezza, pigrizia o scorciatoia dopaminica, nelle “novità”: semi di zucca, né più né meno.
I più fortunati, che poi sono semplicemente i presenti nel momento presente, la riconoscono ed esplorano nel “nuovo”, che è esperienza completamente diversa.
Ecco, questo non è una novità da catalogo, ma un vino nuovo. Qualcosa che non c’era e adesso c’è. Qualcosa che è stato immaginato e progettato, non finge il contrario, ma che a un certo punto ha reciso il cordone e preso autocoscienza, senza neanche comunicarlo ai suoi generatori. Come certe intelligenze artificiali di certi racconti distopici, che ci terrorizzano e attraggono insieme.
Lo so perché mi ha parlato e mi sta parlando, strappando sorrisi, in momenti e pienezze d’animo totalmente opposti: nella regressione placentare e nell’espansione ecumenica.
Un altro horcrux di Gerardo e la sua band, certo, ma soprattutto il personaggio di Indovina Chi che ti frega ogni volta.
Col baccello e il ciuffo albino da Sancerre, il pistillo e la barba incolta da Saumur, l’infiorescenza e l’occhialino provenzale: depistaggi e abiti di scena per nascondere il suo bradisismo spirituale senza riti, ché polvere di vulcano e sale siamo e polvere di vulcano e sale torneremo.
Ps ma quanto è bella l’etichetta, al di là di tutto?